Il codice dei quattro

I. Caldwell e D. Thomason

  • In Articoli
  • 07-12-2004
  • di Paolo Cortesi

 

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Accompagnato da entusiastiche frasi tratte da lodevoli recensioni statunitensi, sbarca in Italia il libro di Caldwell e Thomason Il codice del quattro.

Il bestseller (di cui si preannuncia una versione cinematografica) merita subito attenzione perché di un genere non più inedito ma ancora raro: il thriller intellettual-culturale, una miscela cioè di azione - con un po' di morti ammazzati - e accademia.

Epicentro della storia è un antico romanzo edito nel 1499 da Aldo Manuzio, la Hypnerotomachia Poliphili, un libro nel quale la intricatissima storia fantastica di Polifilo è arricchita da splendide xilografie.

Sul nome dell'autore, sul significato profondo, sul contesto culturale, insomma: su tutto ciò che riguarda questo romanzo non vi è alcuna nozione certa e definitiva, e ancora oggi gli studiosi propongono interpretazioni diverse.

Gli autori del Il codice del quattro hanno avuto l'ottima idea di usare quell'antico, labirintico, lussureggiante romanzo rinascimentale per farne lo scrigno di segreti.

L'Hypnerotomachia, dunque, sarà considerata dai due protagonisti del romanzo (Paul e Tom, studenti a dir poco brillanti di Princeton) come un gigantesco indovinello, una mappa del tesoro cifrata.

Come tutte le cacce al tesoro, anche in questa vi sono persone che non sanno di essersi messe nei guai, inseguendo una meta che interessa ad altri.

Della struttura più propriamente narrativa dirò solo che mi è sembrata un po' troppo lenta; se gli autori volevano creare suspense hanno, forse, rallentato troppo i tempi, diluendo la storia in sequenze e digressioni poco intriganti e non sempre necessarie.

La parte storico-misterica è quella che convince e appassiona di più. I due autori non solo hanno studiato l'Hypnerotomachia (e, per esser loro due americani, la cosa non è così ovvia come parrebbe), ma ne hanno anche esaltato la natura di testo occulto.

Alcuni dettagli, per così dire, tecnici sono imprecisi: ad esempio, è materialmente impossibile che una decriptazione col sistema di Tritemio dia origine a testi così lunghi come quelli che si leggono: il testo cifrante sarebbe dovuto essere enormemente lungo.

Uno scivolone è a pagina 279, dove fra i grandi del Rinascimento toscano vengono indicati Dante e Boccaccio!

Ma l'idea fondante del libro è buona; e trovo addirittura consolante che, nel nostro tempo scellerato e frenetico, si riscoprano certi gioielli dei secoli passati, come l'Hypnerotomachia Poliphili.

Forse il tema, anzi l'ambiente, il sapore della storia sarebbe stato un po' diverso, se il libro fosse stato scritto da un italiano; ma temo che gli scrittori italiani aspettino dai colleghi made in Usa i filoni narrativi che diventano bestseller.

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