Attenti al mago!

Una panoramica sul mondo dell'occulto : mercato e legislazione

  • In Articoli
  • 17-11-2004
  • di Irene Basile

Il presente articolo vuole essere un approfondimento su una tematica sociale complessa, che appare, soprattutto in questi ultimi tempi, di grande attualità: le truffe e i raggiri perpetrati da sedicenti maghi che promettono di tutto a danno di quanti ad essi si rivolgono, nonché le reazioni giuridiche di fronte alle enormi proporzioni assunte, nella nostra società, dal mercato esoterico e dal giro di miliardi che ad esso si collega.

Attualmente non esistono adeguate norme giuridiche in grado di fornire sufficiente tutela alle vittime dei cosiddetti operatori dell'occulto anche se, in seguito ad alcuni casi di recente venuti alla luce, l'informazione pubblica ha più volte richiamato l'attenzione sul fenomeno e forse qualcosa si sta muovendo. Purtroppo, però, la strada da percorrere in questa direzione è ancora lunga e finti maghi, cartomanti, veggenti e imbonitori di ogni sorta continuano indisturbati ad operare, consapevoli della loro impunità.

Il principale obiettivo perseguito attraverso questo articolo, è dunque quello di richiamare ancora una volta l'attenzione su un così grave e delicato fenomeno sociale da sempre esistito ma che di recente ha assunto dimensioni allarmanti. Nell'analizzare le cause responsabili dell'attuale successo riscosso da religioni, movimenti neo-religiosi ed esoterici, magia, astrologia e paranormale in genere, questo documento tra le altre cose vorrebbe contribuire a far emergere particolarmente un mondo sommerso da molti spesso ignorato: il mondo della magia commerciale, che nasconde una variegata realtà di situazioni più o meno sfacciatamente truffaldine.

Il rapporto annuale 2002-2003 su magia ed esoterismo in Italia del Telefono Antiplagio, ad esempio, fornisce un quadro attendibile della reale ed effettiva diffusione dell'esoterismo nel nostro paese, e purtroppo le dimensioni del fenomeno sono allarmanti.

Cosa fare per arginarlo? Un primo efficace rimedio potrebbe essere quello di spegnere i riflettori: le TV pubbliche e private dovrebbero smettere di invitare maghi e veggenti nei programmi di intrattenimento, così come la radio e la stampa dovrebbero smettere di parlarne, poiché l'eccessiva attenzione ha solo l'effetto di incrementare il fenomeno.

Sotto accusa devono essere poste anche le numerose linee telefoniche "compiacenti" che contribuiscono a far aumentare l'enorme giro d'affari ruotante attorno al mondo dell'esoterismo.

La più nota è senz'altro la linea del "166", numero attivato dalla Telecom in seguito alle polemiche da più parti sollevate sul "144". La compagnia telefonica allora dichiarò che il nuovo numero serviva per distinguere i servizi d'intrattenimento (in pratica linee erotiche e di cartomanti vari) da quelli di pubblica utilità. Ebbene, neanche dieci anni dopo, la situazione si ripropone identica: attraverso il "166" operano circa mille linee dedicate a magia ed erotismo e una sola linea può arrivare a fruttare fino a 180 mila lire l'ora, cioè un miliardo e mezzo in un anno; si spiega anche la "tolleranza"della Telecom, che ha una quota del 30 per cento sugli introiti.

La trasformazione del "166" è avvenuta con un semplice decreto ministeriale, passato pressoché inosservato: il 26 maggio 1998, l'allora ministro delle Comunicazioni Antonio Maccanico deliberò di aprire i servizi auditel a cartomanti, lottologi e indovini. Il Telefono Antiplagio chiese allora chiarimenti al ministro, il quale nel gennaio del 1999 rispose con una lettera in cui affermava significativamente: "L'iniziativa in questione è stata determinata da valutazioni di natura eminentemente politica". Sarebbe interessante sapere da Maccanico cosa intendesse esattamente con queste parole.

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Altrettanto necessario sarebbe un severo controllo, da parte delle istituzioni, sui raggiri delle televendite; è questa la richiesta delle associazioni dei consumatori, che dopo gli ultimi episodi saliti alla ribalta in seguito all'arresto di Wanna Marchi, hanno fatto dell'argomento un loro cavallo di battaglia. Già si vede qualche risultato: il questore di Genova, primo in Italia, ha bloccato 15 televendite locali, e da ora in poi l'obbligo per le aziende sarà quello di esibire la "licenza di polizia", come è richiesto per le gioiellerie. Questo provvedimento potrebbe essere un buon punto di partenza dal momento che molte televendite vanno in onda senza licenza.

E' inoltre auspicabile che le Procure e la Finanza diano seguito alle numerose denunce che spesso si perdono nel vuoto, a meno che non si tratti di fatti di rilievo nazionale, perché la certezza dell'impunità fa proliferare le televendite. Quando non si ipotizzano vere e proprie truffe, le associazioni dei consumatori si rivolgono all'Antitrust per pubblicità ingannevole, ma spesso per arrivare ad una condanna passano mesi e le aziende continuano indisturbate a violare la legge.

Il problema comunque, deve essere affrontato anche dalla parte delle potenziali vittime attraverso la diffusione capillare di una vera e propria cultura scientifica degna di questo nome, eventualmente integrata da una specifica informazione sull'argomento, da affidarsi sia ai mass media che alle scuole, per far comprendere ai giovani cosa significhi la magia con tutte le sue implicazioni. L'ignoranza e la paura di ciò che non si conosce rappresentano sicuramente la ragione principale che induce molti a consultare maghi, occultisti e veggenti; bisognerebbe invece diffondere nelle persone la coscienza e la consapevolezza che le difficoltà della vita vanno accettate e superate con le proprie forze e non ricorrendo a fantomatici operatori dell'occulto privi di scrupoli e pronti in ogni momento a servirsi delle disgrazie altrui per arricchire le proprie tasche.

In nessun caso il problema può essere affrontato senza educare le prossime generazioni da un lato allo spirito scientifico, dall'altro alla consapevolezza di sé, rafforzandone le difese psicologiche e dando ad esse delle certezze interiori.

La problematica da me esaminata rappresenta, dunque, un caso evidente in cui la politica del diritto rischia di fare un buco nell'acqua se non supportata da un'efficace politica della cultura.

Il terzo ambito in cui devono e possono essere fatti effettivi progressi in questo campo è quello giuridico. La delicatezza della materia, tuttavia, non consente facilmente di varare una normativa che sia in grado di far fronte al problema senza entrare in contrasto con le principali libertà dell'individuo costituzionalmente garantite, quali la libertà di manifestazione del pensiero e la libertà di religione.

Date le sue dimensioni il fenomeno non va sottovalutato: ora più che mai si rende necessaria una concreta regolamentazione che riesca una volta per tutte a delimitare i confini tra ciò che è lecito e ciò che non lo è.

La dichiarata incostituzionalità dell'art. 603 c.p. sul plagio, definito come un "Sottoporre una persona al proprio potere, in modo da ridurla in totale stato di soggezione", ha creato nel nostro ordinamento una lacuna che tuttora attende di essere colmata.

Nella motivazione della sentenza n. 96 del 1981 si legge che la Corte Costituzionale ha abolito il reato di plagio perché in contrasto con gli artt. 21 e 25 della Costituzione.

La norma denunciata violerebbe il principio di tipicità di cui all'art. 25 Cost. comma secondo, dal momento che nei suoi elementi costitutivi risulterebbe "priva di ogni chiarezza".

Il legislatore, prevedendo una sanzione penale per chiunque sottoponga una persona al proprio potere riducendola in totale stato di soggezione, in realtà avrebbe affidato all'arbitraria determinazione del giudice la concreta individuazione degli elementi costitutivi di un reato a dolo generico, a condotta libera e ad evento non determinato.

Relativamente alla eccessiva dilatazione della fattispecie penale, il pericolo di arbitrio sarebbe tanto più evidente se si considera come il riferimento al "totale stato di soggezione" può comportare l'applicazione della norma a situazioni di subordinazione psicologica del tutto lecite e spesso riconosciute e protette dall'ordinamento giuridico .

Per quanto riguarda l'art. 21 Cost. comma primo, invece, la libertà di manifestazione del pensiero, secondo la Corte Costituzionale, incontra un limite nell'interesse dell'integrità psichica della persona, solo se si concretizza in mezzi di pressione violenta o subdola, quali la minaccia o la frode. Nonostante ciò, l'evento della soggezione psicologica di un soggetto ad un altro soggetto, risultante dall'adesione ai modelli di comportamento proposti da altri, non può costituire illecito senza intaccare il diritto costituzionalmente protetto.

A tutto questo si aggiunge che, dal punto di vista medico, le modalità attraverso le quali può concretizzarsi l'azione psichica del plagio, ovvero il raggiungimento del totale stato di soggezione e il fatto che per l'esistenza di un simile stato sia necessaria la continuità dell'azione plagiante, non si conoscono né sono accertabili.

La scienza medica ha effettuato accurate indagini sulla formazione e sul meccanismo della persuasione, della suggestione e della soggezione psichica. E' estremamente difficile, se non impossibile, individuare sul piano pratico e distinguere ai fini delle conseguenze giuridiche, l'attività psichica di persuasione da quella ugualmente psichica di suggestione. Pertanto, non esistono criteri certi per separare e qualificare l'una e l'altra attività e per accertare l'esatto confine fra esse.

Il vuoto normativo, lasciato dalla sentenza 8 giugno 1981 n. 96, ha così contribuito da un lato a creare nella pubblica opinione la convinzione che il plagio non esista più; dall'altro, ha favorito in modo determinante il proliferare di personaggi "suggestivi" di ogni sorta.

In realtà fattispecie affini al plagio dell'art. 603 c.p. continuano ad esistere, la stessa Corte Costituzionale aveva raccomandato la riformulazione dell'articolo 603 c.p.; da allora sono trascorsi quasi vent'anni, senza che si sia provveduto a reinserire con formulazione più precisa e determinata, la configurazione del reato in questione.

In questi ultimi tempi, le cronache si sono occupate di casi a volte molto preoccupanti di individui rimasti vittime di raggiri da parte di sedicenti maghi, guaritori, cartomanti (valga per tutti ad esempio, la nota vicenda di Wanna Marchi) dai quali hanno subito gravi danni sia nel loro patrimonio, sia nella loro persona.

Nel momento in cui riemergono questi episodi, si avverte ancora di più la necessità di un intervento legislativo mirato, data la gravità e la complessità della tematica in questione.

Attualmente nel nostro ordinamento esistono l'art.121 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza che vieta il mestiere di "ciarlatano"; l'art. 231 del relativo regolamento per l'esecuzione specifica, che definisce l'espressione "mestiere di ciarlatano"; il Decreto Legislativo n. 480 del 13 luglio 1994 che ha aggravato le sanzioni previste: "...pagamento di una somma da lire un milione a sei milioni" (art.3); la Circolare Ministero dell'Interno 559/LEG/200.112-bis del 3 ottobre 1994 che ha invitato prefetti, commissari del Governo, questori ecc. ad applicare le sanzioni previste: "per le infrazioni alle seguenti disposizioni del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza...", tra cui la: "violazione al divieto di esercizio del mestiere di ciarlatano", e ad ordinare la cessazione dell'attività. La norma in questione è poi stata ribadita nel '95 dalla Cassazione (sent. 5582).

Dal momento, però, che questi strumenti giudiziari si sono rivelati insufficienti, l'immediata conseguenza dell'abolizione dell'art. 603 c.p. è stata quella di "dirottare" la tutela delle vittime sull'articolo 640 c.p. che prevede il reato di truffa. Il risultato è stato quello di trasformare questa figura giuridica in una sorta di "fattispecie tappa-buchi" o "fattispecie di rifugio" cui ricondurre, con inevitabili forzature ermeneutiche, tutta una serie eterogenea di forme di abuso patrimoniale.

Da qui, l'esigenza di ripristinare da un lato, un metodo restrittivo di interpretazione degli artifici e dei raggiri e di recuperare dall'altro il ruolo della vittima, quale criterio complementare atto a circoscrivere i limiti della punibilità.

Studiando con attenzione l'argomento, sono arrivata alla convinzione che la vittimo-dommatica, corrente di pensiero di origine germanica, possa offrire al legislatore il terreno su cui lavorare per mettere a punto una norma adeguatamente severa una volta che la truffa sia stata provata, ma che non trascuri, contenendone in tal modo la tendenza espansiva, il concorso di responsabilità della vittima nella produzione del danno. Vorrebbe dire attualizzare la norma, tenendo conto del fatto che il livello culturale medio di oggi si è alzato abbastanza da poter considerare la capacità di autotutela della vittima come criterio per valutare la necessità e meritevolezza della pena.

Irene Basile
Laureata in Giurisprudenza,Università di Firenze, con una tesi dal titolo: "Illusionismi e suggestionamenti esoterici. Fatti sociali e reazioni giuridiche".

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