Il cavaliere senza testa

Un classico del soprannaturale rivisto da Tim Burton

IL MISTERO DI SLEEPY HOLLOW

Regia: Tim Burton

Interpreti: Johnny Depp (Ichabod Crane), Christina Ricci (Katrina Van Tassel), Miranda Richardson (Lady Van Tassel), Christopher Walken (il cavaliere dell'Assia).

Usa/Germania, 1999

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Siamo in America, New York, alla fine del XVIII secolo, in un angolo della neonata nazione che più di altri aveva subito l'influenza del puritanesimo integralista. In queste lande viene spedito il funzionario di polizia Ichabod Crane, allontanato dalla sua giurisdizione per manifeste idee progressiste, a indagare sulla misteriosa serie di omicidi che si dice siano compiuti da un fantomatico cavaliere senza testa.

Crane si presenterà subito come l'alfiere della razionalità, simbolo del nuovo, della scienza che soppianta i secoli bui, della modernità che irride quell'etica protestante, secondo cui anche gli occhiali sono strumenti del demonio in quanto alterano la percezione del mondo. Ed egli è proprio colui che vuole vedere perchè non crede, ma finirà col credere perchè vede. Ma se le sue certezze scientifiche usciranno da questo film un poco scosse, esse non saranno, come si potrebbe temere e come è avvenuto in altri film di Burton, beffate o umiliate. Questa volta l'operazione è semplicemente quella di un accostamento fra soprannaturale e razionalità, fra fantasia e realtà, senza lasciare che l'una metta l'altra alla berlina. Il gusto per il gotico grottesco di questo regista sembra avere qui acquisito una inusuale consapevolezza e maturità nella definizione di un ideale percorso dal coté illuministico, fiducioso nella ragione e nella tecnologia, nella scienza e nel diritto, a quella componente "notturna" del Romanticismo che aveva fatto una bandiera dell'irrazionalità e del soprannaturale e che avrebbe dato vita a quel fecondo filone letterario che per due secoli ha tenuto uno stretto rapporto dialettico con l'eccezionale sviluppo scientifico fra l'ottocento e il novecento. Inoltre il film è un dichiarato omaggio alla leggendaria casa Hammer, produttrice di famose serie di vampire-movies: le comparsate di lusso di Christopher Lee e Martin Landau, la corsa notturna della carrozza, il cavaliere non-morto e con una dentatura inquietante, le "secchiate" di sangue sullo schermo, Christina Ricci che sembra uscita da un ritratto del seicento olandese, ecc.

Niente di nuovo per il genere horror, in gran parte da sempre strutturato così, se non fosse per una pervadente componente fiabesca del racconto, questa sì veramente interessante. Il ripescaggio di questa tradizione narrativa è una delle peculiarità del cinema americano degli ultimi vent'anni, da Coppola a Lucas a Spielberg (alcune cose, E.T. ovviamente su tutte), che sembra avere esaurito la vena realistica dei decenni precedenti, alla ricerca di un pubblico meno esigente e meno smaliziato. È proprio questa vena infine a far funzionare il sub-plot romantico del film, che all'inizio era apparso come il suo lato più debole. La storia a lieto fine dell'amore fra "i buoni", Ichabod e la strega buona Katrina, è specularmene equilibrato da quello di tipico impianto narrativo fiabesco fra "i cattivi": il cavaliere alla fine, appena recuperata la propria testa, la perde immediatamente per la strega cattiva Lady Van Tassel e dopo averla vampirizzata con un bacio l'afferra e la porta con sé fra le fiamme dell'inferno. Ottima ancora una volta la prova di Johnny Depp, sempre perfetto nel ruolo del "diverso" interpretato ormai in quasi tutte le varianti possibili, ma la cosa migliore è ancora una volta quell'aspetto che si nasconde dietro al Burton romantico e al suo umore malinconico, quello di uno smaliziato e ironico manipolatore, capace di trasformare "fole da vecchie comari" in eccellenti rappresentazioni del meraviglioso.

 

Lucio Braglia

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