Il rapimento Moro e lo spiritismo

Lo scorso aprile si è tornato a parlare della famosa vicenda secondo cui il nome della via in cui era tenuto prigioniero Aldo Moro dalle Brigate Rosse sarebbe uscito grazie a una seduta spiritica. Vediamo come stanno realmente le cose.

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Il 3 aprile 1978, un gruppo di amici (tra cui l'attuale Presidente del Consiglio Romano Prodi) si ritrovano in un casolare di campagna e per gioco fanno la tipica seduta del bicchierino. Poiché due settimane prima era stato rapito Aldo Moro, l'allora presidente della Democrazia Cristiana, chiedono agli spiriti: "Dov'è Moro? Come si chiama il paese, il luogo in cui è? E' vivo o morto?" Il bicchierino si sposta sulle lettere e, dopo una serie di parole senza senso, forma parole "molto simili" a: Bolsena, Viterbo, Gradoli. Prodi segnala la vicenda al criminologo Balloni, che ne riferisce al vicequestore Umberto Jovine; poi ne parla con Umberto Cavina, segretario di Zaccagnini; quindi, con il ministro Andreatta. Il 6 aprile, sulla base di queste segnalazioni, il capo della polizia ordina di perquisire la località di Gradoli, provincia di Viterbo. Un rastrellamento a tappeto dell'esercito non porta però a scoprire alcunché.

 

Come si sa, poi, in una "Via Gradoli" a Roma sarà ritrovato un rifugio delle BR, forse usato anche come uno dei nascondigli per Moro. Secondo alcuni si tratta di una prova che le comunicazioni con l'aldilà funzionano e che gli spiriti veramente comunicarono un nome che nessuno poteva conoscere. Secondo altri, tra cui il senatore Giulio Andreotti, la storia della seduta spiritica è falsa e fu inventata solamente per coprire gli informatori di Prodi e amici.

 

C'è però una terza possibilità, come ho avuto modo di spiegare sul Corriere della Sera del 15 aprile 1997. La tipica seduta spiritica con il piattino si svolge chiedendo ai partecipanti di poggiare il dito sul dorso del piattino stesso: dopo un po' questo comincia a muoversi e a indicare delle lettere su un tabellone. Per spiegare tale movimento non c'è bisogno di scomodare gli spiriti, né di pensare necessariamente a qualcuno che imbroglia. Come diversi studi hanno potuto dimostrare, infatti, la spiegazione del fenomeno risiede nei cosiddetti movimenti muscolari involontari, di cui cioè non si ha alcuna consapevolezza e che avvengono nonostante la buona fede del soggetto. In altre parole, i partecipanti alla seduta, senza rendersene conto, spingono il bicchierino sul tabellone. Ovviamente, una volta che si staccano le dita dal bicchierino, il movimento si interrompe.

 

Solitamente, le frasi che si formano sono già presenti poi a livello non cosciente nella mente dei partecipanti che le costruiscono senza rendersene conto. Nel caso della seduta in questione, è possibile che il nome "Gradoli" fosse presente nella mente di qualcuno dei partecipanti, perché pochi giorni prima la polizia aveva ricevuto una segnalazione su una via con questo nome e anche l'exsenatore DC Benito Cazora aveva ricevuto un'analoga soffiata da alcuni informatori calabresi. Non si trattò, dunque, di un nome emerso dal nulla.

 

A questo punto, vale anche la pena riferire alcuni fatti meno noti relativi al sequestro Moro e al mondo del paranormale. In quei giorni, infatti, la polizia diede ascolto a numerosi veggenti e maghi: la superiora di un convento, per esempio, ebbe una "visione" e segnalò un casolare di Viterbo come possibile covo: la polizia condusse una perlustrazione, ma non trovò niente.

 

Il Commissario Augusto Belisario, dell'Ucigos, venne addirittura inviato due volte in missione in Olanda per chiedere l'aiuto del sensitivo Gerard Croiset (all'epoca molto famoso in Italia perché qualche anno prima era andato in onda uno sceneggiato molto seguito - e molto romanzato - su di lui). Croiset affermò che "non si può forzare il destino e non garantisco di riuscire a trovare Moro vivo o morto"; infatti, tipicamente diede una serie di informazioni e dettagli ("un edificio su cui transitano aerei", "il paese di Civitella Paganica"...) che si rivelarono del tutto sbagliati.

 

Era stato l'allora Presidente del Consiglio Francesco Cossiga a volere che la polizia desse credito alle segnalazioni di tipo "paranormale"; lui stesso al processo Moro dichiarò: "Le fonti dichiarate di origine medianica e parapsicologica erano davvero di origine medianica e parapsicologica, perché alcune aiutai io stesso, su richiesta di alcuni esponenti politici, ad acquisirle". Tuttavia, il risultato fu una totale perdita di tempo, una confusione e una dispersione di forze che non portarono a nulla.

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