Ma l'acqua c'è o no?

La rabdomanzia sconfitta dalla permeabilità

  • In Articoli
  • 28-07-2003
  • di Nello Lo Monaco

In varie occasioni si è parlato della rabdomanzia e della sua non scientificità, e non si vogliono qui ripetere i molteplici concetti su questo argomento, altrove espressi. Si cercherà piuttosto di fornire alcune schematiche nozioni di idrogeologia, onde pervenire alla conclusione che la rabdomanzia non ha senso di esistere non in quanto fenomeno non spiegabile o dimostrabile, ma poiché teoricamente basato su un principio errato, talmente errato che porlo come base per l'elaborazione della teoria, pregiudica la teoria stessa.

L'idrogeologia è la scienza che studia le acque contenute nel sottosuolo, ossia il loro moto e la loro presenza nel terreno. Per affrontare questi argomenti, si deve definire la permeabilità idrica, che è la capacità di un corpo a farsi attraversare dall'acqua; l'unità di misura della permeabilità è il darcy, che ha le dimensioni di una velocità.

Come tutti i corpi solidi, i terreni possono essere permeabili, oppure impermeabili. A loro volta, i terreni permeabili possono avere una permeabilità primaria (per porosità), cioè legata alle loro modalità genetiche, oppure una permeabilità secondaria (per fratturazione), cioè sviluppata dopo la loro formazione. Riassumendo, possiamo avere 3 tipi di terreni:

1) terreni permeabili per porosità (es. sabbie);

2) terreni permeabili per fratturazione (es. basalti);

3) terreni impermeabili (es. argille).

Cerchiamo di capire come si muove l'acqua sotterranea in ognuno dei tipi di terreni così definiti.

In un deposito sabbioso l'acqua proveniente dalla superficie, si infiltra per gravità e si dirige verso il basso secondo un percorso tendente alla verticalità. Il tragitto viene interrotto dall'incontro con un terreno impermeabile, che ne ferma la caduta. A questo punto, l'acqua impregna uniformemente la sabbia per un certo spessore; quando il carico cresce per l'arrivo di altra acqua, inizia la migrazione dell'acqua, sempre di poro in poro, nella direzione della pendenza del letto argilloso. L'acqua inizia così il suo moto attraverso il terreno, ma è chiaro che si tratta di un movimento uniforme che interessa tutto il deposito sabbioso. Il tutto si può paragonare a una spugna inzuppata, poggiata su un piano lievemente inclinato.

Nei terreni rocciosi l'acqua non trova pori nei quali infiltrarsi e migrare; la gran parte di questi terreni sono impermeabili (basti pensare alle lastre di pietra sulle soglie) e si lasciano attraversare dall'acqua solo in virtù della loro fratturazione, quasi sempre presente. In questo caso, l'infiltrazione non avviene uniformemente, ma secondo le vie preferenziali di deflusso, dettate da piani di frattura che formano un reticolo di "lamine" che drenano l'acqua verso il basso, fino a trovare il solito orizzonte impermeabile e debolmente inclinato: qui inizia il moto orizzontale.

In questo ambito, un caso particolare è dato dalle rocce carsificate, ossia che presentano una fitta rete di condotti sotterranei (anche molto sviluppati, fino alla formazione di vaste grotte sotterranee), prodotti dalla dissoluzione della roccia per opera proprio delle acque circolanti. In questo caso, l'acqua non si muove tanto nelle fratture quanto soprattutto nei condotti carsici, acquistando così una velocità di migrazione notevole.

Nei terreni impermeabili, infine, l'acqua non si muove, per definizione. Ciò non significa che questi terreni non si "bagnino" (si pensi a un'argilla), ma quasi sempre la loro porosità è data da pori talmente piccoli che l'acqua li riempie senza riuscire a passare da un poro all'altro, in buona parte per effetto delle tensioni capillari.

Questo è ciò che accade nel sottosuolo (i colleghi mi perdoneranno le imprecisioni dovute alla schematizzazione eccessiva).

Ora, è universalmente noto che i rabdomanti "seri" (delle teorie di alcuni poco seri si occupano i libri di barzellette) cercano l'acqua con la bacchetta o col pendolo, cercando La Vena. L'immaginario collettivo ha sempre avuto ben presente questa locuzione: "la vena d'acqua".

Ma alla luce delle elementari nozioni esposte sopra, che cosa è questa vena?

Ribadisco che non si vuole qui aprire la pur vasta discussione sulle capacità del rabdomante o sulle percezioni di cui egli è dotato; si cita solamente quanto gli stessi rabdomanti dicono: essi affermano di riuscire a trovare l'acqua attraverso l'individuazione delle vene. Da ciò discende la ovvia conseguenza che in un campo sufficientemente poco esteso, un rabdomante indicherà dei punti in cui "l'acqua c'è" perché lì passa "la vena", e punti a distanza di pochi metri dai precedenti, in cui "l'acqua non c'è". Questo è senza dubbio ciò che accade fruendo delle capacità extrasensoriali del rabdomante (sempre secondo lui).

Adesso torniamo per un attimo all'idrogeologia.

Facciamo due ipotesi: a) il campo è costituito da terreni sabbiosi, oppure b) da terreni rocciosi:

a) se siamo con i piedi sulla sabbia, è chiaro che quanto sta affermando il nostro rabdomante non ha alcun senso: l'acqua c'è o non c'è, per tutto il terreno sabbioso. Pensiamo alla spugna sul piano inclinato: in qualunque punto, la spugna contiene acqua, oppure è tutta asciutta. Le variabili a questo stato, sono date soprattutto dalla forma del substrato impermeabile, ma si può tranquillamente dire che si tratta solo di casi particolari. Conclusione: in questo caso il rabdomante cerca la vena (come sempre), ma in una spugna voi la vena dove la cerchereste?

b) Se siamo su un terreno roccioso, è vero che l'acqua si muove nelle fratture, ma il moto è gravitativo e tende anche in questo caso a scendere fino a raggiungere il substrato impermeabile, raggiunto il quale ci sarà una "lama" d'acqua che scivolerà secondo la direzione di pendenza. Insomma, la bacchetta che cosa segnalerà? Le fratture molto inclinate che portano l'acqua verso il basso? Oppure l'acqua che scorre sul "fondo"? (Ma anche in questo caso, come nel precedente, l'acqua c'è o non c'è…).

In entrambi i casi (e in natura non esiste una terza possibilità) è insensato dire che in un certo punto si trova acqua, e due metri più in là dell'acqua non c'è ombra. Come già accennato, questo potrebbe anche succedere (e i geologi lo sanno bene), ma sono casi molto particolari, assai poco frequenti. Non mi pare di aver mai sentito che i rabdomanti siano specializzati in casi particolari...

 

Nello Lo Monaco
Geologo
Genio Civile di Ragusa

Pianificazione antisismica e protezione civile

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