Man on the moon

Uno, nessuno e centomila: l'ambiguità irrisolta

MANONTHEMOON
Regia: Milos Forman
Interpreti: Jim Carrey, Danny De Vito, Courtney Love
USA, 1999

...If you believed they put on a man on the moon, man on the moon... *

"Falso tutto e vero nulla", "un elastico che..., tirato in qualsiasi direzione, vi torna sempre in faccia, mai nello stesso posto", "un elfo nichilista, un guerrigliero Zen, un attore dadaista e il primo vero performance artist", così Clélia Cohen (Un Américain pas tranquille, "Cahiers du Cinéma" numero 544, marzo 2000) definisce Andy Kaufman, il comico americano morto nel 1984, a soli trentacinque anni.

Il cinema perennemente sulla controcultura di Forman non è la prima volta che ci propone un personaggio "sgradevole": ricordate Larry Flint, il pornoeditore elevato al rango di simbolo della libertà di parola? Ma se allora il regista cecoslovacco mostrava di mantenere una certa distanza dal personaggio in virtù di una malcelata antipatia, qui la distanza narrativa diventa una forma di rispetto per il suo segreto vitale. Man on the moon è un racconto per "tranches de vie", per momenti topici della vita di un artista che è stato forse il più grande enigma dello show business americano e che ha consapevolmente e coerentemente praticato un continuo suicidio artistico: un umorismo totalmente anticonformista, la ricerca dello scontro con il pubblico tanto più aspro quanto più lo coglieva il successo, una vocazione "disturbante", una completa identificazione di arte e vita palesemente schizofrenica. Il personaggio, suo doppio volgare, di Tony Clifton ne è l'esternazione, in alternanza con il Kaufman mistico della comunità yoga. Lo spettacolo caricaturale del wrestling ne è la summa metaforica: Andy sul ring che istiga a combattere tutte le donne del pubblico insultandole con i più beceri luoghi comuni antifemministi, che litiga con un campione locale e finisce di conseguenza all'ospedale, ma poi Andy che sposa la prima donna con la quale ha lottato, che rivela combinato l'incontro con il vero lottatore.

"Il pubblico si accorda spontaneamente alla natura spettacolare del combattimento, come fa il pubblico di un cinema dei sobborghi", disinteressandosi "di sapere se l'incontro è o non è truccato" e abbandonandosi "alla prima virtù dello spettacolo, che è quella di abolire ogni movente e conseguenza: non gli importa ciò che vede ma ciò che crede", a differenza di quanto accade nel pugilato, "sport giansenista, fondato sulla dimostrazione di una supremazia" (Roland Barthes, Il mondo del catch, in "Miti d'oggi", Lerici, 1962, Einaudi, 1974).

Questo continuo rimescolare le carte porta che il giorno in cui Andy confida alla moglie e agli amici fedeli di avere un tumore nessuno gli crede. Potrebbe un simile personaggio accontentarsi di una banale cura crioterapica? Comincia per lui un incredibile tour attraverso ogni genere di cura olistica: dai consigli del santone yoga alla cristalloterapia, fino al "viaggio della speranza" dal guaritore filippino. Indimenticabile la faccia nel momento in cui vede chiaramente su di sé il trucco della falsa operazione e, seppur morente, non può resistere alla tentazione dell'ultimo sghignazzo. D'altronde quello che Barthes dice per il mondo del wrestling vale anche per questo mondo delle medicine alternative: non importa ciò che si vede, ma solo ciò che si crede.

Qualcuno ha trovato Man on the moon straziante. Io direi che si tratta di uno straordinario film dell'angoscia, della tenerezza, percorso da brividi di umana pietà per una maschera alla quale Jim Carrey mostra di aderire in maniera sublime.

...If you believed there's nothing up my sleeve, then nothing is cool...*

 

 

Lucio Braglia

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*Man on the moon prende il titolo dall'omonima canzone che i R.E.M. hanno dedicato al vero Andy Kaufman (dall'album Automatic for the people, Warner Bros 1992).

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