La telepatia può dipendere dalla emissione di onde radio dal cervello?

Pur tralasciando il fatto che fino ad oggi nessuno ha ancora dimostrato l'esistenza della telepatia al di là di ogni ragionevole dubbio, sembra proprio che questa ipotesi non sia corretta. Il primo motivo è che per trasmettere e ricevere segnali via radio occorrono delle strutture adatte a farlo. Bisogna innanzitutto generare un segnale a radiofrequenza, poi inserirvi l'informazione da trasmettere ed infine inviarlo ad una qualche forma di antenna. Chi lo riceve deve possedere anch'egli una antenna adeguata, più un sistema in grado di rilevare segnali debolissimi ed estrarvi l'informazione eventualmente trasportata. Ma nel cervello umano, e in generale nel cervello di qualsiasi altro animale, non vi è alcuna traccia di antenne, amplificatori e simili sistemi.

Una seconda ragione è che le onde radio sono un fenomeno ben conosciuto, che si può tranquillamente rilevare e misurare. Gli strumenti di cui disponiamo raggiungono livelli di sensibilità che hanno dell'incredibile: basti pensare che siamo in grado di ricevere i dati trasmessi da sonde spaziali che hanno raggiunto e superato i confini del sistema solare. Nonostante ciò nessuno strumento mostra emissioni radio significative da parte del cervello, neppure quando si impiegano soggetti ritenuti particolarmente dotati di capacità telepatiche. Inoltre, secondo i sostenitori della telepatia questa accadrebbe anche quando si dispone uno dei soggetti (o entrambi) all'interno di apposite gabbie schermanti (le gabbie di Faraday), in grado di arrestare le emissioni radio.

Va poi considerato che le onde elettromagnetiche si riducono di intensità allontanandosi dalla sorgente, e lo fanno in modo piuttosto marcato: il livello che si riceve ad un chilometro dall'emittente è un milione di volte più debole di quello che si riceve stando solo ad un metro di distanza. Ma i parapsicologi non considerano la distanza come un fattore determinante, tant'è vero che si è dato credito anche a esperimenti di telepatia compiuti fra un astronauta ed un soggetto a terra.

Per finire c'è il grave problema costituito dal significato dei segnali. Bisogna considerare che le diverse persone provano in genere sensazioni diverse fra loro, possiedono ricordi differenti, hanno compiuto esperienze diverse e si raffigurano il mondo in modo diverso. In altre parole, le "strutture logiche" di ogni mente umana sono in buona parte diverse una dall'altra. Se davvero un cervello trasmettesse segnali radio che trasportano un messaggio, sembra molto improbabile che questo possa essere rappresentato in una forma di linguaggio universale, in grado di essere poi correttamente interpretato da una mente differente da quella di partenza.

 

Marco Morocutti

Progettista elettronico

Sperimentazioni CICAP

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