Dossier Kouznetsov

I risultati e i documenti di una clamorosa indagine

  • In Articoli
  • 24-08-2002
  • di Gian Marco Rinaldi

Premessa


Presento qui i risultati dell’indagine che ho condotto su presunti casi di frode in resoconti sperimentali pubblicati dal biochimico Dmitry Kuznetsov. Sarà sempre sottinteso, parlando di una possibile frode, che ci riferiamo esclusivamente a quella che viene definita come "frode scientifica", cioè a un comportamento che, salvo eccezioni, non è passibile di conseguenze penali.[1]

Il dossier è diviso in tre parti, dove sono rispettivamente trattati un articolo del 1989, un gruppo di articoli del 1994-96 e un articolo del 2000.

Per la prima parte, la frode era già stata evidenziata da Larhammar; ho aggiunto qualche dettaglio. Per la seconda e la terza parte, l’evidenza è qui presentata per la prima volta, anche se, come vedremo, per un episodio (Protvino) la frode era stata adombrata, ma non espressa dichiaratamente, da Timothy Jull e colleghi nel 1996. Tutte le informazioni, dove non specificato altrimenti, sono state raccolte mediante corrispondenza scambiata fra la fine del 2000 e l’inizio del 2002 (per la maggior parte, entro i primi mesi del 2001). Sono indicati i nomi di tutte le persone che hanno collaborato.

Gli indizi di frode si basano su prove di tipo negativo, cioè sulla non esistenza, per esempio, di riviste scientifiche o di persone o di istituzioni. Come si sa, è difficile fornire prove in negativo. Ho fatto il possibile per raggiungere un livello ragionevole di evidenza, ma va tenuto conto che, prima di arrivare a una sentenza definitiva, occorre sentire che cosa ha da dire Kuznetsov in sua difesa.

Nel 2000, per un breve periodo, fui in corrispondenza per lettera con Kuznetsov. Quando cominciai a comunicargli i miei primi sospetti e a chiedere spiegazioni, lui non si fece più vivo. Non ha mai risposto alle lettere che continuai a inviargli nel corso di alcuni mesi, man mano che scoprivo nuovi indizi. Spero che vorrà uscire dal silenzio e, naturalmente, questa rivista ospiterà una sua eventuale replica.

Le accuse qui formulate sono molto serie, tali che, se dimostrate vere, sarebbero compromettenti per una eventuale prosecuzione di una carriera scientifica per Kuznetsov. Non temiamo di procurargli alcun danno ingiustificato. Infatti, nel caso che le accuse siano infondate, sarà facilissimo per lui dimostrarle tali. Potrà sempre far pervenire una smentita e gli sarà sufficiente, per esempio, produrre fotocopie della prima pagina di certi articoli, o fornire gli indirizzi (completi) di certe persone o certe istituzioni, in modo che se ne possa verificare l’esistenza.

Gli articoli del 1994-96 sono firmati anche da altri due autori, Andrey A. Ivanov e Pavel R. Veletsky. Non sono riuscito a mettermi in contatto con loro. Il primo nome, in tutti gli articoli, è sempre quello di Kuznetsov e quindi nel seguito, per semplicità, faccio riferimento soltanto a lui, ma è implicito che gli altri autori condividono le eventuali responsabilità.

Oltre all’evidenza di frode, ho considerato, per ciascuna delle tre parti, i dati forniti da Kuznetsov per la sua affiliazione, per i finanziatori e per i consulenti. Anche qui si trovano dati falsi o ambigui.

Ho poi cercato di capire come egli sia riuscito ad avere simili articoli pubblicati su riviste scientifiche di primario livello. A parte un paio di casi, non ho potuto far luce sui retroscena delle vicende editoriali, che come regola sono coperte da riservatezza.

Ho esaminato solo una frazione dei lavori pubblicati da Kuznetsov. Egli ha avuto due carriere come scienziato, prima come biologo, specializzato in neurotossicologia, poi come esperto di chimica archeologica, specializzato in antichi tessuti. Come biologo ha pubblicato una trentina di articoli di ricerca in inglese su riviste qualificate, oltre a numerosi altri in russo. Solo uno degli articoli viene qui ripreso in considerazione (nella prima parte), e del resto è l’unico che si distingue per la pretesa di portare prove a favore del creazionismo. Come chimico archeologico ha pubblicato una decina di articoli di ricerca in inglese, tutti considerati qui (seconda e terza parte).

Parallelamente, Kuznetsov si è cimentato in due campi, per così dire, di scienza non convenzionale, prima come attivo creazionista e poi, solo in certa misura, come sindonologo. Non ho preso in considerazione i lavori pubblicati sulle riviste dei creazionisti né le poche cose apparse su quelle dei sindonologi. Si è anche occupato di filosofia della scienza e ha pubblicato almeno tre libri, in russo, su vari argomenti. Non ho idea di quanti, fra tutti i suoi lavori, siano attendibili e quanti siano invece sospetti. Comunque è
la prassi, quando uno scienziato si rende responsabile di casi di frode così gravi come quelli illustrati (se comprovati), che l’intera sua opera sia invalidata.

La biblioteca che non c’è


L’articolo sotto esame è:

[1] D.A. Kuznetsov: "In vitro studies of interactions between frequent and unique mRNAs and cytoplasmic factors from brain tissue of several species of wild timber voles of northern Eurasia, Clethrionomys glareolus, Clethrionomys frater and Clethrionomys gapperi: A new criticism to a modern molecular-genetic concept of biological evolution". International Journal of Neuroscience, 49 (1989), 43-59.

L’articolo descrive una complicata e, direi, alquanto confusa sperimentazione di biologia molecolare su cellule cerebrali di topolini di campagna. Vi sarebbe dimostrato che esiste nelle cellule un meccanismo selettivo di inibizione della sintesi proteica, capace di bloccare l’espressione di quei geni che abbiano subìto una pur minima mutazione. Dato che le mutazioni nel materiale genetico sono alla base del processo evolutivo in senso darwiniano, il presunto risultato si potrebbe interpretare in senso favorevole alle tesi creazioniste.

Evidenza di frode scientifica


Diverse volte, nel corso dell’articolo, Kuznetsov dice di aver seguito procedure sperimentali che non descrive e per le quali rimanda ad articoli elencati in bibliografia. Infatti è normale che un autore non perda spazio a descrivere procedure per le quali può rinviare alla letteratura già pubblicata. Ma qui Kuznetsov rimanda ad articoli inesistenti: non ci sono gli articoli, non ci sono gli autori e nemmeno le stesse riviste. Si può quindi mettere in dubbio che abbia eseguito procedure sperimentali secondo metodi descritti in articoli inesistenti. Molte altre voci della bibliografia, anche non essenziali in relazione all’esecuzione del lavoro, sono comunque inventate.

Nella bibliografia ci sono 65 riferimenti (un numero insolitamente alto). Per la maggior parte si tratta di articoli di riviste. Ho controllato se le riviste e gli articoli sono presenti su PubMed, un grande archivio elettronico della letteratura medica e biologica (disponibile su Internet).

Su un totale di 53 riviste citate nella bibliografia, soltanto otto sono presenti su PubMed. Le altre 45 sono assenti. Naturalmente, PubMed non elenca proprio la totalità delle riviste pubblicate nel mondo, ma ne ha a migliaia, e tutte le più importanti. La mancanza di 45 su 53 non può essere spiegata.

Fra queste 45 riviste mancanti, ce ne sono 11 che furono già segnalate nel 1994-95 (otto da Dan Larhammar e altre tre da Paul Nelson),[2] e Kuznetsov non ha mai fornito prova della loro esistenza né ha speso una parola in sua difesa.[3]

Quanto alle otto riviste realmente esistenti, ce ne sono tre per le quali gli articoli (in numero di quattro) sono correttamente indicati, o quasi. Per una rivista non ho potuto controllare, perché la data di pubblicazione dell’articolo risale troppo indietro nel tempo. Per quattro riviste (cinque articoli) non c’è corrispondenza fra la numerazione del volume quale indicata da Kuznetsov e quella riportata su PubMed per il rispettivo anno di pubblicazione. Per un articolo, non c’è indicazione della rivista.

I restanti nove riferimenti bibliografici non sono articoli su riviste ma libri (o volumi con atti di congressi), e non si può fare il controllo su PubMed. In diversi casi, comunque, si resta perplessi per gli strani titoli dei libri.

Si può concludere che, per la grande maggioranza, le pubblicazioni elencate nella bibliografia non esistono.

Nell’inventarsi i titoli degli articoli o dei libri (che quasi tutti dovrebbero essere in inglese già nell’originale, cioè non tradotti da lui), Kuznetsov si è sbizzarrito con formulazioni strane o poco sensate, e inoltre ha commesso errori di grammatica (come già notava Larhammar). In particolare, ripete svariate volte lo stesso errore nell’uso dell’articolo indeterminato. Nella lingua russa non ci sono gli articoli, e forse per questo Kuznetsov stenta a farne un uso corretto in inglese. Ritiene che l’articolo indeterminato, a, possa servire sia per il singolare che per il plurale (come l’articolo determinato the). Quindi mette in fila, uno dopo l’altro, errori come i seguenti (che possiamo presentare in italiano, tradotti alla lettera, dato che anche per noi l’articolo un va solo al singolare): "funzioni di un siti di DNA", "purificazione di un siti altamente immunogenici",
"un antigeni ribonucleici", "un tipi presumibili", "una proteine", "un gruppi", "un regolatori", e così via.

Affiliazione


Per la maggior parte degli articoli da lui pubblicati in quel periodo come biologo, Kuznetsov fornisce come affiliazione la Moscow City Station for Sanitation and Epidemiology (che qui indichiamo semplicemente come "Stazione sanitaria"
di Mosca). In [1] viene data invece una diversa affiliazione: "Comparative Biochemistry Group, DELFISON Division Laboratories, Inc., Moscow Central Narcological Hospital", con relativo indirizzo. Ho scritto a questo ospedale. Il suo direttore, Yury Shuliak, ha risposto che nell’ospedale fu sperimentato un "metodo Delfison" come parte di un programma per il trattamento dell’alcolismo, attivo fra il 1986 e il 1990. Aggiunge che non è documentata un’attività di Kuznetsov come membro dello staff dell’ospedale, né in passato né oggi. Non c’è bisogno di dire che lo studio sui topolini non dovrebbe rientrare nel trattamento dell’alcolismo.

È da notare che, in nota in fondo alla prima pagina di [1], Kuznetsov fornisce il suo indirizzo privato e dice di inviargli a casa la corrispondenza.

Finanziatori


Sono decisamente insoliti per un lavoro scientifico. "Sono in particolare profondamente e sinceramente grato", dice la nota in prima pagina, "alla Chiesa Battista di Mosca e alla Slavic Gospel Association".[4] Inoltre ringrazia per "la concreta partecipazione" due ben noti creazionisti, Henry Morris ed Eugene Grossman.[5]

Consulenti


Kuznetsov ringrazia poi (per suggerimenti o discussione del lavoro), due scienziati russi. Uno è Leonid Korochkin, un biologo che per i suoi titoli accademici
è il più illustre fra i nomi che fecero parte dell’associazione di creazionisti fondata da Kuznetsov a Mosca. Non so se anche l’altro, Kirill Gladilin, fosse del gruppo.

C’è un ringraziamento anche per Sidney Weinstein, il direttore della rivista, che oggi ne farebbe volentieri a meno.

Pubblicazione


Le riviste scientifiche qualificate, come è noto, adottano severi criteri per la pubblicazione e si attengono a quella che viene chiamata "peer review": ogni articolo deve ricevere l’approvazione di (almeno) due revisori (referees, arbitri) scelti dal direttore della rivista per la loro competenza nella specifica materia. Un articolo come questo, se esaminato con competenza (ciò che ha fatto Larhammar), difficilmente riceverebbe l’approvazione di un revisore. Ma Kuznetsov poteva fare a meno del processo di controllo: agiva lui stesso, in pratica, nel ruolo di direttore. Infatti Weinstein, direttore generale (editor-in-chief) dell’Intern. J. Neurosc., aveva conosciuto Kuznetsov e ne era rimasto così favorevolmente impressionato da nominarlo nel comitato di direzione (editorial board) della rivista. Mi scrive Weinstein che Kuznetsov, come membro del comitato, doveva procurarsi l’approvazione di un solo revisore, secondo la prassi adottata nella sua rivista. Forse, suppone Weinstein, Kuznetsov aveva scelto come revisore un suo amico creazionista, o forse ne aveva fatto a meno del tutto.

Come poteva il russo, poco più che trentenne, privo di una prestigiosa posizione accademica e con una carriera non eccezionale alle spalle, meritarsi di essere nominato in quel ruolo? Weinstein si è poi giustificato dicendo che certi "professori americani", di cui non fa il nome, gli avevano parlato tanto bene del suo lavoro di tossicologo. Questo può essere vero. Non so se vada anche considerata la possibilità che Weinstein, in qualche misura, fosse rimasto vittima di quello che sembra uno spiccato talento del nostro: la sua capacità di farsi imbonitore di sé stesso.[6]

Kuznetsov pubblicò in tutto nove articoli sull’Int. J. Neurosc., usciti fra il 1987 e il 1990. Non so quanti siano quelli pubblicati in veste di quasi-direttore. L’articolo [1] è il sesto della serie, quindi almeno altri tre furono pubblicati dopo la nomina nel comitato direttivo. Non so se
è un caso, ma nel suo curriculum (2000)[7] Kuznetsov ha omesso di citare, nella propria bibliografia, gli ultimi cinque articoli della serie (incluso questo), apparsi fra il 1989 e il 1990. Non si tratta di lavori trascurabili, almeno dalle dimensioni, perché assommano a ben 130 pagine. Forse si troverebbe qualcosa di interessante andando a vedere gli altri quattro articoli, ma a questo punto il povero Kuznetsov non ha bisogno di dover sostenere altri esami.

I palazzi invisibili


Gli articoli apparsi nel 1994-96 sono in tutto nove, ma si tratta di soli tre lavori distinti, dato che Kuznetsov ha pubblicato ripetutamente, in diverse riviste, gli stessi risultati. Tutto quanto contenuto nei nove articoli è presente, per esempio, nei tre seguenti:

[2a] D.A. Kouznetsov, A.A. Ivanov, P.R. Veletsky: "Analysis of cellulose chemical modification: a potentially promising technique for characterizing cellulose archaeological textiles". Journal of Archaeological Science, 23 (1996), 23-34.

[3a] D.A. Kouznetsov, A.A. Ivanov, P.R. Veletsky: "Effects of fires and biofractionation of carbon isotopes on results of radiocarbon dating of old textiles: The Shroud of Turin". Journal of Archaeological Science, 23 (1996), 109-21.

[4a] D.A. Kouznetsov, A.A. Ivanov, P.R. Veletsky, V.L. Charsky, O.S. Beklemishev: "A laboratory model for studies on environment-dependent chemical modifications in textile cellulose". New Journal of Chemistry, 19 (1995), 1285-89.

Altre altre due versioni di [2a] sono:

[2b] D.A. Kouznetsov, A.A. Ivanov, P.R. Veletsky: "Detection of alkylated cellulose derivatives in several archaeological linen textile samples by capillary electrophoresis/mass spectrometry". Analytical Chemistry, 66 (1994), 4359-65.

[2c] D.A. Kouznetsov, A.A. Ivanov, P.R. Veletsky: "Analysis of cellulose chemical modification: a potentially promising technique for characterizing archaeological textiles". In Orna, M.V., ed., Archaeological Chemistry, American Chemical Society Symposium Series, 1996, 254-68.

In [2b] manca una sezione finale (con l’esperimento sui campioni di Samarcanda).

Le altre due versioni di [3a] sono:

[3b] D.A. Kouznetsov, A. Ivanov: Chambéry fire of 1532 as the unique event in the "chemical history" of the Shroud of Turin: An experimental approach to the radiocarbon dating correction". Acta Archaeologica Academiae Scientiarum Hungaricae, 48 (1996), 261-79.

[3c] D.A. Kouznetsov, A.A. Ivanov, P.R. Veletsky: "A re-evaluation of the radiocarbon date of the Shroud of Turin based on biofractionation of carbon isotopes and a fire-simulating model". In Orna, M.V., ed., Archaeological Chemistry, ACS Symp. Series, 1996, 229-47.

L’articolo [3c] è un po’ abbreviato nelle parti discorsive ma presenta gli stessi risultati.

C’è inoltre un articolo che è una breve nota preliminare, incorporata poi negli altri tre articoli [3]:

[3d] D.A. Kouznetsov, A.A. Ivanov: "Near-IR spectrophotometric technique for fast identification of carboxycellulose in linen fibres: A preliminary report".
Textile Research Journal, 65 (1995), 236-40.

Possiamo trascurare [3d] perché, limitatamente al suo contenuto, non interviene l’evidenza di frode rilevata per gli altri articoli.

Infine, [4a] ha un equivalente in:

[4b] D.A. Kouznetsov, A.A. Ivanov, P.R. Veletsky, V.L. Charsky, O.S. Beklemishev: "A laboratory model for studying enviromently dependent chemical modifications in textile cellulose". Textile Research Journal, 66 (1996), 111-14.

Tutti gli articoli sono lavori sperimentali che studiano alterazioni chimiche nella cellulosa dei tessuti di lino. In [2] si studia una alterazione (alchilazione) che interviene per semplice invecchiamento. In [3abc] è riportato, fra l’altro, l’esperimento che rese felici i sindonologi: un antico lino, dell’epoca di Cristo, fu messo in un forno per breve tempo per simulare l’incendio in cui fu coinvolta la sindone nel 1532. Radiodatato prima e dopo la cottura, il lino risulta ringiovanito di una dozzina di secoli per effetto del calore. Sarebbe cioè intervenuta una cospicua alterazione nella composizione isotopica del carbonio contenuto nella cellulosa (un risultato inverosimile). In [4] si trova ancora una alterazione (altrettanto inverosimile) della composizione isotopica del carbonio, dovuta questa volta all’azione di microrganismi presenti nell’atmosfera. Il lavoro in [4] viene svolto parallelamente in due diverse zone geografiche, lontane fra loro, per confrontare gli effetti di una diversa flora di microrganismi (si avanza anche l’ipotesi che studi come questo possano arrivare a permettere di determinare la zona geografica in cui un tessuto ha trascorso molto tempo, con possibili implicazioni, anche se non dichiarate, per la sindone).

Solo gli articoli [3abc] fanno diretto riferimento al problema della datazione della sindone di Torino. Tutti gli articoli, comunque, si inquadrano in una prospettiva generale in cui potrebbero rientrare gli studi sulla sindone.

Evidenza di frode scientifica


Negli articoli [2abc], il lavoro descritto si è svolto su campioni di antichi tessuti provenienti da diversi musei. Non risulta che questi musei esistano.

In [4ab], una metà del lavoro fu svolta presso una istituzione nel sud della Russia. Non risulta che questa istituzione esista.

In [3abc] e in [4ab] le misurazioni sugli isotopi di carbonio furono eseguite in una istituzione che non sembra esistere, e con l’impiego di un metodo che non sembra essere in uso in alcun laboratorio in Russia.

Per verificare l’esistenza dei musei e delle istituzioni, ho inviato lettere a molte persone in Russia e in altre repubbliche ex sovietiche. La mia corrispondenza era solo in inglese, e questo può spiegare perché molte lettere non hanno avuto risposta. Tuttavia ho trovato numerosi corrispondenti che hanno fornito utili informazioni.

L’evidenza raccolta è esposta nelle seguenti sezioni.

I musei


In [2] Kuznetsov descrive esperimenti condotti su antichi tessuti di lino, di età variabile dal XIII secolo avanti Cristo al 1600 dopo Cristo. Le sperimentazioni condotte sono due. La prima confronta i risultati per otto campioni. A parte un lino palestinese che qui non consideriamo,[8] gli altri sette campioni sarebbero stati forniti da cinque musei di Russia e Ucraina. Una seconda sperimentazione (descritta in [2ac], non in [2b]) confronta sette campioni, tutti forniti da un museo di Samarcanda, Uzbekistan. Kuznetsov specifica per ciascun museo la denominazione e la città, ma non l’indirizzo completo (con la strada), e inoltre fa il nome di un funzionario (curatore, vicedirettore ecc.) che ringrazia per avergli fornito i campioni.

Ho provato a verificare l’esistenza di questi sei musei. Occorre tener conto che possono esserci incertezze nell’identificare un museo dalla sola denominazione inglese, dato che c’è un margine di ambiguità nella traduzione dal russo o da altra lingua locale. (Per evitare di introdurre ulteriore ambiguità
traducendo in italiano, lascio tutte le denominazioni in inglese). Però Kuznetsov fornisce anche nome e cognome di un funzionario per ogni museo, e in più, per ciascun campione, indica area geografica di provenienza, età stimata e codice di catalogazione presso il museo. Questo dovrebbero bastare per risolvere ogni incertezza.

Vediamo i risultati città per città.

Mosca. Ho inviato lettere a molte persone dell’ambiente dei musei o delle istituzioni archeologiche. Solo pochi hanno risposto, e nessuno di loro conosce i nomi di musei o di persone citati da Kuznetsov. Ringrazio Evgenij Chernykh, Elena Godina, Valery Golikov, Natalia Shishlina, Denis Zhuravlev, Leonid Yablonskiy, tutti da Mosca, e Yuri Berezkin e Nikolai Bokovenko da San Pietroburgo.

Uno dei musei indicati da Kuznetsov è il Russian National Historical Museum (con Ivan Kappel come vice-curatore). Esiste a Mosca, sulla Piazza Rossa, uno State Historical Museum, il cui nome è molto simile. Due dei corrispondenti, Zhuravlev e la Shishlina, sono archeologi presso quel museo e mi scrivono che lì non c’è (né c’è stato) nessun Ivan Kappel.

Kuznetsov dice di avere usato due campioni, provenienti da questo museo storico, uno egizio e uno copto, molto antichi, uno addirittura del tredicesimo secolo avanti Cristo. La dottoressa Shishlina è curatrice della collezione di antichi tessuti dello State Historical Museum. Dice che non hanno i tessuti indicati da Kuznetsov. Ritiene che ci sia un solo altro museo a Mosca che dispone di simili reperti, il Pushkin Museum of Arts. Ha telefonato alla curatrice della collezione di tessuti egizi presso il museo Pushkin, e questa ha detto che non ha mai rilasciato tessuti a Kuznetsov.

Natalia Shishlina ha poi fornito un’informazione importante, che equivale a una "confessione" da parte di Kuznetsov. Infatti ha preso contatto con Kuznetsov stesso, gli ha parlato per telefono e lo ha posto di fronte alle mie accuse. Questo accadeva quando la Shishlina aveva ricevuto una mia prima lettera, contenente i dettagli dei campioni quali indicati da Kuznetsov (età, area di provenienza, sigla di catalogazione), ma non disponeva di copia di nessuno dei tre articoli [2]. Ebbene, Kuznetsov negò di aver mai usato quei campioni quali descritti nella mia lettera. Allora la Shishlina mi scrisse chiedendomi di inviarle fotocopia di uno degli articoli, per verificare chi dicesse la verità. Ricevuta la fotocopia, e avendo constatato che l’articolo conteneva in realtà la descrizione che io le avevo riferito, si rese conto che Kuznetsov le aveva mentito.

Inoltre Kuznetsov cercò confusamente di discolparsi, facendo alla Shishlina il nome di un chimico italiano, Luigi Campanella, e dicendo che era stato lui a prelevare dei campioni nel 1992. Per quanto mi risulta, il professor Campanella
è stato in contatto con Kuznetsov, ma lo ha conosciuto solo dopo la pubblicazione di questi esperimenti, coi quali non ha avuto nulla a che fare. È vero che ha visitato Kuznetsov a Mosca ed è stato da lui introdotto presso qualche museo, ma ciò accadeva solo nel 1997.

La reazione di Kuznetsov alla telefonata della Shishlina è rivelatrice: era un affannoso tentativo di salvare la sua credibilità presso il personale del museo. Negli ultimi anni, cercando di ricostruirsi una carriera come specialista di chimica archeologica, aveva preso contatto con alcuni studiosi nei musei di Mosca, e si può supporre che ora per lui fosse grave perderne la fiducia. Quando fu messo di fronte alle accuse contenute nella mia lettera, avrebbe avuto tutto l’interesse a difendersi e dire dove aveva reperito i campioni, se davvero li aveva avuti. Invece fece ricorso a giustificazioni difficilmente credibili, negando di avere avuto i tessuti o invocando il nome di un chimico italiano. Dimostrò così che si era venuto a trovare in serio imbarazzo.

Quanto all’altro museo di Mosca, indicato da Kuznetsov come State Institute of Textile Museum (curatore Oleg Krutov), non c’è propriamente un museo con quel nome, ma c’è una Moscow Textile Academy, detta anche University, che forse in passato era anche chiamata Institute. È una scuola di tecnologia tessile che al suo interno ha anche un piccolo museo. Ho scritto per chiedere se hanno mai avuto un Oleg Krutov come curatore. Non ho ricevuto risposta.

Vladimir. È una città a est di Mosca. Kuznetsov dice di avere avuto un campione da Olga Nenasheva, vicedirettore del Museum of Slavic Applied Art di Vladimir. Il principale museo della zona è il Vladimir-Suzdal State Museum-Reserve. Il suo vicedirettore, N. Morozov, mi scrive che non c’è nessun museo con quel nome a Vladimir, né c’è mai stato. Là non conoscono il nome di Olga Nenasheva. Nel loro museo non vengono usati i codici di catalogo indicati da Kuznetsov, e non hanno mai dato campioni di tessuto a nessuno.

Ringrazio anche Ron Pope, Presidente di Serendipity-Russia.

Simferopoli. Per i due musei dell’Ucraina, ho avuto scarsa disponibilità da parte degli archeologi locali. In particolare, non ho avuto risposta alle numerose lettere che avevo inviato a diverse persone dell’Istituto di archeologia dell’Accademia della Scienze a Kiev, a dipartimenti presso varie università, a direttori di musei. In compenso, come vedremo, ho avuto una imprevista collaborazione da parte delle agenzie di viaggi.

Simferopoli è il capoluogo della Crimea. Kuznetsov dice di avere avuto un campione da Sergey Bychkov, vicedirettore del Crimean State Archaeological Museum.

Non trovando riscontro in patria, provai a rivolgermi a studiosi ucraini trasferiti all’estero. Le prime risposte mi sono arrivate dall’America. Inna Potekhina, un’archeologa proveniente dal citato Istituto di Kiev, Ksenya Kiebuzinski dell’Ukrainian Research Institute alla Harvard University e Maria Shust, direttore dell’Ukrainian Museum di New York, non conoscono quel museo di Simferopoli né il nome di Sergey Bychkov (analogamente per Ternopil).

Secondo le informazioni giunte dall’America, a Simferopoli c’è un solo importante museo, che abbia anche una sezione per l’archeologia. È il Crimean Regional Museum, anche conosciuto come Crimean Museum of Regional Ethnography o Crimean Ethnographical Museum (in Ucraina molte denominazioni ufficiali sono passate dalla lingua russa a quella ucraina, dopo l’indipendenza, e può esserci una certa varietà nei nomi). Pensai che la persona più
indicata fosse il direttore di questo museo, che poteva dirmi se esista in città il museo di Kuznetsov, o se il suo stesso museo si possa identificare con quello. Gli scrissi per posta, dato che non ha email. Non ricevetti risposta.

Non riuscendo ad avere notizie dagli studiosi, pensai di rivolgermi alle agenzie di viaggio locali. Per lo meno, hanno un indirizzo di email e sanno l’inglese. Ho trovato che gli agenti di viaggio ucraini sono tanto gentili e disponibili quanto gli archeologi sono inaccessibili. Naturalmente, un agente di viaggio non è la fonte più autorevole per notizie di archeologia, ma di notizie ne hanno date.

Un agente di viaggio di Simferopoli, Eugene Snezhkin, riferì che conosceva un archeologo, Valery Sidorenko, segretario scientifico della sezione per la Crimea dell’Institute of Oriental Studies dell’Accademia Nazionale. Gli aveva parlato e Sidorenko aveva detto che non esiste (né è mai esistito) il museo di Kuznetsov a Simferopoli, né si è mai sentito il nome di Bychkov come direttore di qualsiasi museo in Crimea.

Snezhkin mi dava anche l’indirizzo di un suo amico, Michael Nikolaenko, che non è un archeologo ma lavora ai servizi informatici in un grande museo e sito archeologico presso Sebastopoli, sempre in Crimea, dove sua madre è assistente del direttore. Nikolaenko mi ha risposto che là non conoscono i nomi che cercavo.

Ancora più fortunato sono stato con un altro agente di viaggio di Simferopoli, Gennady Rut, che è amico proprio del direttore del citato museo etnografico regionale di Simferopoli, Andrey Malgin, cioè della persona da cui attendevo una risposta per lettera. Rut telefonò a Malgin e questi gli confermò
che non c’è mai stato un Crimean State Archaeological Museum in città e che non ha mai sentito nominare Bychkov. Dissi a Rut che per me era preferibile avere una dichiarazione scritta dallo stesso direttore. Lui riferì la cosa al direttore, che promise che mi avrebbe scritto, cioè che avrebbe risposto alla mia nuova lettera che gli avevo nel frattempo inviato.

Intanto un’altra agente di viaggio, questa volta di Kiev, Larissa Riazantseva, incaricò un’agenzia di Simferopoli di prendere informazioni. La sua collega Julia Gaideeva disse che non c’era il museo che cercavo, e a sua volta riuscì a contattare il museo etnografico, dove le fu detto che avevano la mia lettera e che mi avrebbero presto risposto.

Dato che il tempo passava senza ricevere risposta, chiesi a Rut di sollecitare. Rut fu così gentile che, per guadagnare tempo, si fece inviare una lettera sulla sua email e la stampò e la portò a Malgin di persona. Malgin promise ancora di rispondermi, ma non lo ha fatto, nonostante un’altra lettera che gli ho ancora inviato.

Anche se avrei preferito avere conferme più dirette, appare certo che il museo di Kuznetsov non è affatto noto in Crimea.

Ritengo che la scarsa loquacità degli archeologi ucraini si spieghi con la scarsa dimestichezza con la lingua inglese, ed è mia la carenza se non usavo altre lingue. Ho ricevuto in seguito altre due lettere. Pietro Ivanenco, direttore della Riserva Statale di Storia e Cultura, una istituzione di Kerch (altra località della Crimea), mi ha scritto in buon italiano. Tatiana Krupa, archeologa all’università di Kharkov ed esperta di antichi tessuti, preferisce scrivere in francese o anche in uno stentato italiano piuttosto che in inglese. Nemmeno costoro, è inutile aggiungere, conoscono i nomi citati da Kuznetsov.[9]

Ternopil. L’altro museo ucraino sarebbe a Ternopil, piccola città della Galizia. Questa zona, storicamente, non faceva parte dell’Ucraina. Nel corso dell’ultimo secolo, è passata dall’impero asburgico alla Polonia, poi, trascorsa l’occupazione tedesca, all’Unione Sovietica, fino all’Ucraina indipendente nel 1991. Così la gente, in maggioranza di madrelingua polacca, ha dovuto imparare il tedesco, il russo e l’ucraino, ma forse non restava tempo per l’inglese. Penso che sia questa la spiegazione per il fatto che da Ternopil non sono riuscito ad avere alcuna risposta.

Kuznetsov dice di avere ricevuto un campione da Ignat Tyshko, curatore al West Ukrainian Museum of Ethnography and Archaeology. Ho avuto qualche notizia solo dalle citate fonti in America e da qualche agenzia di viaggio di Kiev (ringrazio Irene Trantina, Alexander Gordinsky, Irina Antoshevskaya, Olga Borisenko, oltre alla citata Riazantseva). A quanto sembra, a Ternopil, a parte una galleria di quadri, c’è un solo piccolo museo, o archivio, che quasi nessuno va più a visitare: il Ternopil Historical-Ethnographic Museum (anche noto come Ternopil Regional Museum).

Se appare certo che in città non c’è un museo con l’esatta denominazione fornita da Kuznetsov, però la variabilità dei nomi, con l’incertezza del giro di traduzioni dall’ucraino al russo e all’inglese, potrebbe lasciare aperta la possibilità che si tratti pur sempre del museo esistente. Naturalmente, il direttore di questo museo è la persona più adatta per sapere se lì hanno dato tessuti a Kuznetsov, e se hanno avuto un signor Tyshko come curatore. Gli ho scritto due volte senza avere risposta. Sperando di trovare qualcuno così gentile da muoversi sul posto per prendere informazioni, ho provato anche a scrivere all’ufficio comunale, all’unica scuola superiore, un politecnico, e a un locale club rotariano, ma sempre inutilmente. Alla fine, dopo un paio di tentativi presso gli ambienti universitari della vicina Leopoli, ho desistito.

Mi sembra che anche così ci sia evidenza sufficiente per dubitare che Kuznetsov abbia fatto l’esperimento. Infatti egli dice di avere usato il campione di Ternopil in un confronto con tutti gli altri tessuti discussi finora.

Samarcanda. Per la seconda sperimentazione [2ac], Kuznetsov usa sette campioni che afferma di avere ricevuto dal Middle-Asian Museum of Ethnography and Anthropology di Samarcanda, Uzbekistan, citando un Kamil-Djan Youldashev come curatore. I campioni proverrebbero da scavi nell’antica città di Bukhara.[10]

Rahim Kayumov, vicedirettore generale per gli affari scientifici al Samarkand State Amalgamated Reserve-Museum of History, Architecture and Arts, mi scrive specificando che il suo ufficio è responsabile per tutti i musei nella provincia di Samarcanda. Dichiara che il museo che cercavo non esiste e che non c’è nessun Youldashev nell’ambiente dei musei di Samarcanda.

Boris Marshak, curatore della Sezione Orientale al Museo dell’Hermitage di Pietroburgo, è stato a lungo il direttore degli scavi a Pianjikent, un importante sito non lontano da Samarcanda, ed è un’autorità per l’archeologia della zona. Gli ho spedito copia dell’articolo di Kuznetsov e anche la sua risposta è precisa. Non c’è il museo indicato da Kuznetsov, e non c’è una collezione di tessili scavati a Bukhara con le caratteristiche da lui indicate. Dato che per due campioni Kuznetsov dice che furono datati al radiocarbonio nel 1989 da un "Soviet Committee on Asian Studies", il dottor Marshak specifica anche che non gli risulta l’esistenza di una simile istituzione.

Ringrazio anche: Nataliya Covalyova del Museum of the History and Culture of Uzbekistan, Samarcanda; Renata Holod della University of Pennsylvania, Philadelphia; Monika Shepherd del Forum for Central Asian Studies, Harvard University; Akram Khabibullaev, Tashkent; Dan Waugh della University of Washington. Come si vede, mi ero rivolto anche a persone al di fuori dell’Uzbekistan, scelte come competenti negli scavi archeologici della zona. Nessuno di loro conosce i nomi indicati da Kuznetsov. Ringrazio inoltre Madhu Ghose, Circle of Inner Asian Art di Londra, e Maurizio Tosi, direttore della missione archeologica italiana a Samarcanda

Abbiamo terminato con i musei. Passiamo alle altre due verifiche, che riguardano istituzioni scientifiche di Krasnodar e di Protvino.

KRASNODAR. Negli articoli [4] gli autori sono cinque, invece dei soliti tre. Il lavoro è un confronto fra sperimentazioni condotte in due diversi ambienti geografici (per paragonare i supposti effetti della diversa flora di microrganismi): i soliti tre autori lavoravano a Mosca, mentre i due nomi aggiunti lavoravano, nelle stesse settimane, a Krasnodar nel sud della Russia presso il mar Nero. Questi ultimi due vengono dati col seguente indirizzo: "Krasnodar Center for Environmental Studies, University of Rostov-on-Don, Krasnodar-2". Dubitando che questo Centro esista davvero, ho cercato di verificarlo.

L’indirizzo è privo della indicazione della strada. Krasnodar non è una piccola città (conta oltre settecentomila abitanti). Questo Centro per gli studi ambientali non è così famoso da permettere al postino di raggiungerlo anche senza il nome della via. Ho inviato due lettere agli autori, Vyacheslav L. Charsky e Oleg S. Beklemishev, indirizzando come indicato da Kuznetsov, ma le lettere mi sono tornate indietro con la motivazione "destinatario sconosciuto". (Nemmeno su Internet ho trovato traccia di tale Centro, ma va considerato che non ho accesso ai siti cirillici).

Il Centro è indicato come una istituzione della Università di Rostov, città che dista circa 250 km da Krasnodar. Non è un motivo di sospetto perché l’università di Rostov potrebbe avere dei centri distaccati a Krasnodar, e infatti ne ha almeno un paio.

Ho scritto alle due riviste che pubblicarono le due versioni di questo articolo. Denise Parent, direttore esecutivo del New Jounal of Chemistry, e Ludwig Rebenfeld, direttore del Textile Research Journal, hanno risposto che non hanno l’indirizzo completo dell’istituto di Krasnodar e che la loro corrispondenza si svolse solo con Kuznetsov, non con gli altri autori.

Per saperne di più, ho cominciato, naturalmente, scrivendo all’università di Rostov. Là dovrebbero conoscere quali sono le istituzioni che l’università ha distaccato a Krasnodar, e dovrebbero anche sapere se i due nomi sono quelli di loro dipendenti. Non ho avuto risposta alle due lettere inviate. Ho provato allora a rastrellare su Internet gli indirizzi di istituzioni e associazioni, in tutta la zona, che avessero a che fare con problemi ambientali. Dopo avere inviato molte lettere, non ho avuto risposte di qualche utilità.

Avendo poi trovato che l’università di Rostov ha un’istituzione a Krasnodar con un nome in certo senso simile, il Biosphere Research Institute, con sede presso la Kuban State University of Technology, ho scritto a questa università. Olga Musikhina mi ha risposto che i due nomi non figurano fra i dipendenti né dell’Università né dell’Istituto. Aggiunge che là hanno fatto qualche ricerca e possono dire che non ci sono centri statali con quella denominazione a Krasnodar.

Senza una fonte di informazione a Rostov, tuttavia, questo non bastava per escludere l’esistenza del Centro. Mi è venuta in aiuto Odile Eisenstein, ricercatrice chimica dell’Università di Montpellier, Francia. La Eisenstein era direttore del New Journal of Chemistry all’epoca della pubblicazione dell’articolo, e ora ci teneva a collaborare per verificare l’eventuale frode di Kuznetsov. Tramite conoscenze ad alto livello in campo scientifico, si mise in contatto con Vladimir Minkin, professore all’università di Rostov, direttore di un grande laboratorio chimico e membro dell’Accademia delle Scienze.

Minkin fu sollecito a indagare. Per cominciare chiamò Vladimir Alexeenko, il direttore del citato Biosphere Research Institute a Krasnodar, che non conosceva i nomi dei due supposti autori, Charsky e Beklemishev. Poi parlò con il vicerettore della Università di Rostov, A. Ushak, che lo assicurò
che non c’è alcuna divisione dell’Università denominata Krasnodar Center for Environmental Studies. Inoltre il Dr. Ushak interpellò diversi professori al dipartimento di Geologia (al quale farebbe capo un istituto di ricerca ambientale), e nessuno conosceva i nomi. Poi Minkin telefonò al Prof. Vladimir Babeshko, rettore della principale università di Krasnodar, la Kuban State University, e nemmeno lui conosceva i nomi del Centro o dei due autori.

Quindi tutte le fonti, da Rostov come da Krasnodar, concordano nel dare un risposta negativa. Un ringraziamento particolare a Odile Eisenstein e Vladimir Minkin, senza la cui intermediazione sarebbe stato per me difficile trattare questo caso.

Protvino. Cinque articoli [3abc, 4ab] presentano risultati che si basano, a quanto dichiarato, su misurazioni delle proporzioni degli isotopi del carbonio, condotte con il metodo noto come AMS (spettrometria di massa con acceleratore). Questo è un metodo avanzato, impiegato in particolare per la datazione al radiocarbonio, che ha vantaggi sul metodo tradizionale, specialmente quando si tratta di datare campioni molto piccoli. L’AMS, entrato in uso attorno al 1980, richiede un’apparecchiatura piuttosto costosa e metodi altamente specializzati. Sono relativamente pochi, nel mondo, i laboratori che ne dispongono (tre dei quali furono scelti nel 1988 per la datazione della sindone).

Kuznetsov non poteva certo dire di avere disponibile l’AMS nel suo laboratorio, e afferma che le misurazioni furono condotte a Protvino (città non lontana da Mosca), nel Center for Radiochemical Studies, una istituzione della Accademia delle Scienze di Russia (RAS). Ringrazia, come esecutori del lavoro, un Dr Ivan B. Shevardin per gli articoli [4] e un Dr. Sergey Bakhroushin per gli articoli [3ac].[11]

Dubitavo che le misurazioni fossero mai state condotte (i risultati sarebbero davvero strani). Vista la propensione di Kuznetsov a inventarsi istituzioni e personaggi inesistenti, ho cercato di condurre una verifica.

Questa parte dell’inchiesta non è stata facile. Protvino è una sorta di "città della scienza" dove sorgono molti impianti. Almeno ai tempi dell’impero sovietico, c’erano ricerche di interesse militare che venivano protette dal segreto. L’istituzione più importante è il grande Institute for High Energy Physics (IHEP). Yuri Ryabov, segretario scientifico dell’IHEP, mi scrive che non sa niente dell’istituzione e che i nomi delle due persone gli sono sconosciuti. Tre scienziati che lavorano all’IHEP, Sergei Denisov, A.K. Likhoded e Pavel A.Semenov, interpellati separatamente, hanno tutti risposto escludendo che a Protvino ci sia un Center for Radiochemical Studies.

Un’altra istituzione, a Protvino o nella vicina Serpukhov, è la Branch of the Institute of Nuclear Physics. Ha un buon sito web, con elencato lo staff e con una descrizione delle attività. Non sono presenti i nomi forniti da Kuznetsov e fra le attività non è indicato l’AMS.

Poi ho cercato informazioni presso altri laboratori del radiocarbonio in Russia. Va notato che tali laboratori non sono molti e i loro responsabili si conoscono e stanno in contatto fra di loro. Quindi, se esistesse un laboratorio per la radiodatazione a Protvino (con l’AMS oppure col più comune metodo tradizionale del conteggio dei decadimenti radioattivi), i colleghi di altri centri ne sarebbero al corrente.

Nel sito web della rivista Radiocarbon c’è un elenco aggiornato di tutti i laboratori di datazione al radiocarbonio operanti nel mondo, con l’indicazione se dispongono di AMS. Per la Russia sono indicati alcuni laboratori col vecchio metodo, nessuno con AMS. Ho scritto e ho ricevuto le risposte, concordi, da tre laboratori: Natalia Zaretskaia (Geological Institute, RAS, Mosca), Olga Chichagova (Institute of Geography, RAS, Mosca), e Ganna Zaitseva (Institute of the History of Material Culture, RAS, S. Pietroburgo). Confermano che in Russia non ci sono laboratori con AMS, nemmeno oggi (2001), e tanto meno potevano esserci qualche anno fa. Va notato che per gli scienziati che lavorano nel campo del radiocarbonio, il non avere disponibile l’AMS è un serio inconveniente (il metodo è superiore, o indispensabile, quando si tratta di datare campioni molto piccoli). Quindi, se loro non sanno dell’esistenza di AMS in Russia, si può tranquillamente ritenere che non c’è, almeno non come disponibilità per eseguire radiodatazioni.

La Zaitseva precisa: "Naturalmente, non viene usata la tecnica AMS in Russia e penso che non sarà in uso nemmeno in futuro. Solo la tecnica a scintillazione è usata nel nostro paese così come nelle repubbliche ex sovietiche". E fornisce un elenco dei non molti laboratori in Russia e in altre repubbliche (nessuno a Protvino). Aggiunge che "considerando la situazione finanziaria della ricerca scientifica, posso supporre che nuovi laboratori non saranno creati entro breve tempo".

Sembra quindi che ancora oggi sia impossibile eseguire l’AMS in Russia, a Protvino o in qualunque altro posto. Non si vede come Kuznetsov potesse disporne nel 1994.

Ho poi scritto ad alcune altre istituzioni della RAS.

Irina Titkova (Research council on charged particle accelerators) scrive che si è occupata di preparare un elenco di acceleratori, ma non conosce l’istituzione.

Dmitrij Koshkarev (Moscow Institute for Theoretical and Experimental Physics) dirige una sezione sulla progettazione di acceleratori per ioni pesanti, e scrive che non sa di un laboratorio AMS né a Protvino né altrove in Russia.

Marina Frontasyeva (dirige a Dubna un dipartimento del Frank Laboratory of Neutron Physics) non conosce l’AMS.

Inoltre Anatoly V. Lozhkin, del Quaternary Geology and Geochronology Laboratory di Magadan, dice che manda i suoi campioni in America per l’AMS. E la già citata Natalia Shishlina, del museo di Mosca, dice che per il suo lavoro di archeologia necessita di datazioni ma non esiste in Russia la possibilità di eseguire AMS.

Infine L. M. Kovrizhnykh, dal General Physics Institute, RAS, Mosca, risponde ancora negativamente a tutte le mie domande e non conosce né il Centro né i due nomi.

Ringrazio anche Valeria Rozenberg, una ricercatrice chimica di Mosca, che (su invito di Odile Eisenstein) aveva iniziato a sua volta a cercare informazioni. Ha poi dovuto interrompere il lavoro, fino a quel punto senza esito anche per lei.

Uscendo dalla Russia, già nel 1996 i tre principali responsabili del laboratorio AMS di Tucson, Arizona, Timothy Jull, Douglas Donahue e Paul Damon, pubblicando un lavoro di critica a Kuznetsov (sul quale torneremo), scrissero che il laboratorio da lui indicato "è nuovo e non generalmente noto agli scienziati russi o alla comunità internazionale dell’AMS".[12] Ho scritto a Jull, il quale ha confermato che nemmeno in seguito hanno avuto notizia dell’esistenza di un simile laboratorio a Protvino.

Sembra quindi che si possa concludere che non c’è a Protvino il laboratorio indicato da Kuznetsov. Una certezza assoluta, però, non si può avere in quanto, forzando l’immaginazione, si potrebbe supporre che a Protvino ci sia un laboratorio AMS, all’interno di strutture militari, coperto da segreto assoluto, tanto da rimanere sconosciuto agli altri laboratori del radiocarbonio così come a scienziati e archeologi in Russia e fuori. Direi allora, però, che Kuznetsov sarebbe davvero fortunato, e molto ben introdotto, a poter disporre (per un uso così poco strategico come la datazione di tessuti) di un laboratorio che è segretissimo e inaccessibile agli archeologi e agli altri scienziati in Russia.

Terminiamo qui il capitolo sull’evidenza di frode negli articoli del 1994-96. Abbiamo un elenco di sei musei, due istituzioni scientifiche e dieci persone che risultano introvabili. Per quanto sia difficile provare una negazione, sarebbe davvero strano se tutti gli istituti e le persone esistessero ma nessuno fosse emerso dopo tante ricerche. Se Kuznetsov sa che i nostri sospetti sono infondati, lo potrà immediatamente dimostrare fornendo tutti gli indirizzi (completi).[13]

Affiliazione


Questi articoli del 1994-96 portano la seguente affiliazione a un laboratorio di Mosca: "E. A. Sedov Biopolymer Research Laboratories, Inc., 4/9 Grafsky Pereulok" (cioè viale Grafsky).[14] Non sono ancora riuscito a risolvere il mistero della vera natura di questo laboratorio. Verrebbe da pensare che non esista affatto e sia anch’esso un’invenzione di Kuznetsov. Ma c’è stato chi lo ha visitato. Guy Berthault mi scrive di esserci stato due volte (e circolano anche fotografie dove Berthault è in compagnia di Kuznetsov e Ivanov all’interno di un laboratorio). Inoltre un chimico della Sapienza di Roma, il professor Luigi Campanella, mi ha detto di aver fatto visita a Kuznetsov a Mosca, nel 1997, e di aver visto un laboratorio normalmente attrezzato con numerose persone che ci lavoravano.

Non si trovano, nella letteratura chimica, altri articoli con affiliazione al Sedov, se non questi nove di cui trattiamo.

Il curriculum (2000) di Kuznetsov riporta che il Sedov fu fondato nel 1992. Quando mi scrisse nel 2000, Kuznetsov spiegò che il Sedov aveva cessato di esistere nel 1998 (all’epoca della sua prigionia in America), ma per le sue lettere usava ancora una elegante carta intestata del laboratorio, in inglese, da cui si traggono i seguenti dati. Il direttore era lo stesso Kuznetsov, mentre Ivanov era il vicedirettore. La parte amministrativa era a nome di una signora N. A. Marina. Era poi elencato uno staff di altri sette ricercatori, in tutto nove. Otto di questi sono indicati con un PhD. Con un simile staff, dovrebbe trattarsi di un laboratorio di dimensioni notevoli. Per eseguire tutti gli esperimenti descritti negli articoli, il laboratorio dovrebbe poi disporre di moderne attrezzature e strumentazioni che sono alquanto costose.

La carta intestata riporta non uno ma tre indirizzi. Il primo è l’ufficio del direttore, ed è l’indirizzo privato di Kuznetsov. Il secondo è indicato come "Finanze" e dà l’indirizzo della signora Marina. Il terzo indirizzo, indicato come "Ricerca principale", cioè, suppongo, il principale luogo in cui si fa ricerca, è appunto al numero 4/9 di viale Grafsky a Mosca.

Solo recentemente, a inchiesta ormai conclusa, un corrispondente dalla Russia, che si firma con lo pseudonimo "Atheologian", mi ha fatto notare che allo stesso indirizzo di Mosca, al 4/9 di viale Grafsky, c’è proprio quella Stazione sanitaria presso la quale Kuznetsov aveva lavorato negli anni Ottanta. Naturalmente, l’attività della Stazione non ha niente a che vedere con la chimica degli antichi tessuti di lino.[15] Ho scritto alla Stazione chiedendo che cosa sanno di un laboratorio Sedov, ma non ho avuto risposta.

"Atheologian" non vive a Mosca ma ha incaricato un suo amico moscovita, Mikhail Eliseikin, di svolgere qualche indagine. Eliseikin si è recato alla Stazione cercando di avere notizie. Ha incontrato una certa reticenza. Gli è stato confermato che Andrey Ivanov lavorava alla Stazione in un laboratorio di chimica-fisica. Però non è riuscito a sapere se fosse realmente attivo un laboratorio col nome Sedov e quale fosse il ruolo di Kuznetsov.

In attesa di avere maggiori informazioni, l’ipotesi più probabile mi sembra la seguente. Kuznetsov aveva lavorato alla Stazione negli anni Ottanta e naturalmente conosceva il personale. Quanto a Ivanov, forse vi lavorava ancora negli anni Novanta, all’epoca della pubblicazione di questi articoli. Comunque sia, i nostri autori avevano accesso ai laboratori della Stazione ed è possibile che avessero disponibilità di un po’ di spazio e dell’uso di qualche strumento, se mai hanno davvero fatto un esperimento sui tessuti di lino. In questa ipotesi, si può immaginare che se un visitatore veniva dall’estero a far visita (senza conoscere la lingua russa), Kuznetsov e Ivanov lo conducevano in una stanza all’interno della Stazione e gli lasciavano credere che quello fosse il laboratorio Sedov di cui l’uno era direttore e l’altro vicedirettore. Non è escluso che, sulla carta, un laboratorio Sedov fosse davvero stato registrato come ditta privata, dato che questo sarebbe servito per ricevere finanziamenti ed emettere ricevute.

Mi sono anche chiesto chi fosse quell’E. A. Sedov a cui il laboratorio è intitolato. Avevo un indizio perché nel curriculum di Kuznetsov c’è in bibliografia un libro del 1993, in russo, i cui autori sono appunto Sedov e Kuznetsov. Il titolo è strano: La parola e il significato: Un approccio linguistico alla ricerca biomolecolare. È pubblicato da una casa editrice di propaganda cristiana (all’americana), di quelle con cui Kuznetsov collaborava all’inizio degli anni Novanta.

Viaggiando su Internet in una Russia dove cominciano a essere numerosi i siti in inglese, credo di avere identificato questo autore in Eugeni A. Sedov (1929-1993), un originale personaggio che viene definito come ingegnere, inventore, cibernetico, informatico, romanziere, poeta eccetera. Di lui non so molto, ma ho trovato notizie su suo figlio Alexander, un biologo che è coetaneo di Kuznetsov. Gli ho scritto ma non mi ha risposto.

Finanziatori


Nei ringraziamenti, sette degli articoli ([2] e [3]) indicano come finanziatore Guy Berthault (il francese che abbiamo incontrato nella biografia). Negli stessi articoli viene anche ringraziato il sindonologo italiano Mario Moroni per aver fornito un campione di antico lino proveniente da Israele.[16]

Per gli articoli [4] vengono indicate due fonti di finanziamento. Una è la Fourth World Foundation, di cui non ho notizie precise (possono esserci diverse fondazioni con un simile nome). L’altra è il Turin Shroud Center of Colorado, condotto, assieme alla moglie Rebecca, da John Jackson, un ben noto sindonologo americano.

Consulenze


A parte una menzione della Gastuche in [3], per avere avuto l’idea originaria della simulazione d’incendio, e a parte riconoscimenti marginali, ci sono tre nomi che vengono ringraziati in tutti gli articoli. Uno è Alan Adler, il noto sindonologo di Danbury di cui sappiamo che era amico di Kuznetsov.

Il secondo è Witold Brostow, scienziato americano di origine polacca, che ha una distinta carriera nel campo della fisica-chimica e dirige un laboratorio alla University of North Texas, Denton. Gli ho scritto per avere una conferma. Non ha negato di aver visto almeno qualche manoscritto prima della pubblicazione, anche se ha minimizzato il suo intervento: un controllo dello stile inglese o poco più. Non ho trovato indizi che colleghino Brostow agli ambienti dei sindonologi o dei creazionisti.

Il terzo è Alexander Volkov, un fisico dell’Università di Mosca. Non sono riuscito a mettermi in contatto con lui.

Pubblicazioni



Sei degli articoli sono apparsi su quattro riviste importanti che dichiarano di attenersi alla procedura di peer review. Ciò implica che due revisori (referees) hanno esaminato l’articolo, e che, sulla base del loro giudizio, un direttore ha deciso per la pubblicazione. (Quando ci riferiamo a un "direttore", va inteso che può trattarsi di una delle diverse persone che, di volta in volta, possono assumere la responsabilità della decisione, e non è detto che si tratti del direttore "capo").[17]

Si tratta di quattro riviste di primario livello. Analytical Chemistry è in assoluto una delle riviste più note nel campo chimico ed è pubblicata dalla American Chemical Association (ACS). New Journal of Chemistry è pubblicata dall’equivalente francese del nostro Consiglio nazionale delle ricerche. Journal of Archaeological Science, pubblicata da un grande editore privato (Academic Press), è una delle riviste più quotate nel suo specifico settore (l’applicazione di tecniche scientifiche nel campo archeologico, per esempio per la datazione o per l’analisi chimica di reperti). Textile Research Journal è pubblicato da un autorevole istituto di ricerca sui tessili con sede a Princeton.

Kuznetsov ha avuto stampati, in un solo colpo, sei articoli su queste riviste. È un’impresa che sembrerebbe irraggiungibile anche a un ricercatore con tutti i requisiti: lavori validi (e onesti), un dignitoso curriculum alle spalle e l’appartenenza a una istituzione prestigiosa. Kuznetsov presentava lavori che, nei casi in cui sono stati esaminati, hanno mostrato gravi carenze (a parte i sospetti di frode). Inoltre, non aveva un curriculum: la sua attività precedente era in un campo diverso, come biologo, e gli conveniva tenerla nascosta per evitare che qualcuno lo identificasse nel protagonista della frode dell’89. E la sua istituzione, il laboratorio Sedov, era totalmente sconosciuta.

Non posso escludere che, per fatalità, tutti i revisori, anche se scelti solo per la loro competenza, si siano espressi in modo favorevole. Però mi sembra ipotizzabile che, in qualche misura, Kuznetsov abbia ricevuto un trattamento di favore, almeno per qualcuna delle pubblicazioni, o comunque si sia avvalso di circostanze fortunate. Non ho la minima idea, va sottolineato, di quale sia stato, caso per caso, il corso degli eventi che ha portato alla pubblicazione: la procedura è coperta da riservatezza e, in particolare, i nomi dei revisori vengono come regola mantenuti segreti, quindi sarebbe inutile chiedere alla direzione di ciascuna rivista chi e perché ha deciso l’accettazione di ogni singolo articolo. Si possono solo fare delle ipotesi su quali siano state le agevolazioni di cui Kuznetsov potrebbe avere usufruito.

Una prima ipotesi è che egli sia intervenuto presso la persona che svolgeva la funzione di direttore perché accettasse l’articolo anche se i giudizi di qualche revisore erano negativi.

Una seconda ipotesi, solo per l’articolo [3a] che si riferisce esplicitamente alla sindone, è che il direttore abbia ritenuto di scegliere i revisori fra le persone esperte nella specifica materia, e allora può essere caduto su qualche sindonologo che gli ha dato un giudizio entusiastico.

Una terza ipotesi, forse la più probabile, è che Kuznetsov abbia "pilotato" la scelta dei revisori in modo da farla cadere su sindonologi o su qualche suo amico. Direi che non è difficile riuscirci, perché in molte riviste è entrata in uso una prassi per cui l’autore stesso, quando invia il suo articolo, suggerisce i nomi di alcuni possibili revisori. È una prassi di fronte alla quale si può rimanere perplessi (occorre fidarsi dell’onestà degli scienziati), ma forse è stata adottata per ovviare alla difficoltà per il direttore di trovare ogni volta i revisori adatti.[18] Suppongo che Kuznetsov non fosse tipo da lasciarsi sfuggire questa possibilità che gli si presentava.

Passiamo alle due relazioni [2c, 3c] presentate da Kuznetsov al congresso di Anaheim, California, nell’aprile 1995, e apparse nel volume degli Atti stampato l’anno seguente. Si tratta di uno della serie di congressi organizzati dalla American Chemical Society (ACS). Le relazioni vengono pubblicate in volumi (ce ne sono centinaia) che hanno lo stesso rango delle annate di una rivista di prestigio. Qui possiamo sapere qualcosa di più, grazie alle informazioni che ho ricevuto da tre dei partecipanti: Mary Virginia Orna, che presiedeva il congresso e curò anche la pubblicazione degli Atti, e Marian Hyman e Timothy Jull che ebbero un ruolo per le loro critiche ai lavori del nostro.[19]

Quando Kuznetsov presentò la relazione [3c] sulla datazione della sindone, con l’esperimento sulla simulazione d’incendio, dalla platea si alzò subito Jull, esprimendo un severo dissenso e chiedendo di intervenire. La Orna acconsentì, anche se non era iscritto a parlare. Jull espose le sue critiche e Kuznetsov, secondo la Orna, si difese abilmente. Ne nacque una vivace discussione che rese la seduta tutt’altro che noiosa. L’altra relazione [2c] fu invece presentata senza che al momento nascessero contestazioni.

Nelle settimane successive, si passò al processo di peer review che era necessario per la pubblicazione delle relazioni nel volume (non per la semplice partecipazione al congresso). La Orna dice che i revisori si espressero in modo molto positivo sull’articolo [3c]. Non si può sapere chi fossero quei revisori.[20] Dato che c’era stato l’intervento di Jull, la Orna decise di pubblicare la relazione, accompagnandola però da una nota critica dello stesso Jull. Infatti la nota comparve nel volume, di seguito all’articolo di Kuznetsov, e fu firmata anche dai professori Douglas Donahue e Paul Damon, i direttori del laboratorio di Tucson.12 Una nota analoga[21] degli stessi autori era già pervenuta, fin dal gennaio 1995, al J. Archaeol. Sc., che aveva accettato per la pubblicazione la versione [3a] del lavoro di Kuznetsov, e sarebbe apparsa un anno più tardi, nel gennaio 1996, assieme a [3a] (oltre che a [2a]) sullo stesso fascicolo della rivista.

L’articolo dei tre dell’Arizona contiene tutta una serie di critiche precise ed efficaci, che invalidano il lavoro di Kuznetsov senza possibilità di appello. Al di là dei modi cortesi con cui, diplomaticamente, gli scienziati si esprimono nelle loro discussioni, si legge tra le righe che un simile esperimento non poteva essere stato fatto con quei risultati.

Per l’altro articolo [2c], uno dei giudizi dei revisori fu negativo. Per una volta, è possibile sapere chi fosse il revisore: si tratta di Marian Hyman, che fin da allora non aveva fatto mistero delle sue critiche. Come mi ha spiegato in una sua lettera, espresse alla Orna tre obiezioni. Intanto, si accorse che il lavoro, sostanzialmente, era già stato pubblicato su un’altra rivista, An. Chemistry, e questo era per lei motivo sufficiente per non pubblicarlo di nuovo. (La terza versione [2a] era in corso di stampa).[22] Poi si accorse che interi capoversi e uno dei grafici erano presi, parola per parola, da articoli di altri autori apparsi in precedenza; gli articoli erano citati in bibliografia, ma le frasi non erano virgolettate e non apparivano come citazioni.[23] La terza critica della Hyman era la più rilevante: secondo il suo parere, come mi ha scritto, il lavoro di Kuznetsov "non era realistico". La sua impressione era che gli esperimenti descritti nel manoscritto non fossero realmente stati condotti con quei risultati. Complimenti alla Hyman per la diagnosi, che la presente inchiesta sembra dimostrare esatta.

La Orna, informata dalla Hyman, fece presente a Kuznetsov che il lavoro era già stato pubblicato su An. Chemistry. Lui fece notare che c’era una sezione in più sul manoscritto, ciò che è vero (si tratta dell’esperimento coi lini di Samarcanda, ma c’era in corso di stampa la terza versione con gli stessi dati, Samarcanda compresa).

Con un simile giudizio, la Orna procedette ugualmente alla pubblicazione. Oggi appare sinceramente rammaricata per aver preso quella decisione. Per di più, dice che il lavoro di curatrice fu molto laborioso perché i testi presentati da Kuznetsov erano scritti male, sia per il cattivo inglese sia perché non se ne capiva il senso: lei dovette tanto faticare per revisionarli che qualcuno le disse, scherzosamente, che aveva diritto di mettere il suo nome fra gli autori. Per lo meno, questo servì per salvare in parte le apparenze, dato che alla fine le frasi non erano del tutto identiche a quelle delle altre due versioni dell’articolo [2ab].

Nessuno, né la Orna né Jull o la Hyman, sapeva allora che Kuznetsov era stato protagonista dello scandalo dell’articolo del 1989. Lo hanno appreso solo ora dalle mie lettere.

Passiamo infine alla pubblicazione di [3b] sulla rivista ungherese. È una rivista che si occupa di archeologia tradizionale più che di innovazioni nei metodi scientifici. Con un articolo irto di dati tecnici come quello di Kuznetsov, forse a Budapest furono presi alla sprovvista. Il direttore Dénes Gabler mi scrive: "Dato che noi non siamo specialisti di chimica, nel 1994 demmo questo articolo per un controllo a un esperto ungherese, che confermò che questo approccio sperimentale era un importante contributo alla datazione della Sindone di Torino, e che i risultati non erano stati pubblicati da alcun altro". Non sappiamo chi fosse quell’esperto, ma possiamo supporre che si trattasse di qualcuno con simpatie per la sindone. Gabler aggiunge che non sapeva niente del passato di Kuznetsov e aveva appreso solo dalla mia lettera che l’articolo era stato pubblicato altre due volte (se avessero saputo che era in stampa altrove, fa notare ironicamente, non avrebbero speso denaro per un traduttore che corresse il testo inglese). Nemmeno sapeva che le altre due versioni erano state accompagnate dalla nota critica di Jull.

Fantasmi irlandesi


L’articolo sotto esame è:

[5] D.A. Kouznetsov: "Biochemical methods in cultural heritage conservation studies: An alkylation enzyme, S-adenosylmethionine transmethylase". Studies in Conservation, 45 (2000) 117-26.

Si tratta di un resoconto sperimentale. L’autore espone un metodo, del tutto nuovo e finora inesplorato, che, ritiene, potrebbe servire sia per la datazione di antichi tessuti o altri reperti contenenti cellulosa, sia per una migliore conservazione. Il nuovo metodo di datazione sarebbe importante perché permetterebbe di datare un campione di tessuto senza doverlo distruggere.

Il metodo consiste in questo. Kuznetsov prepara un particolare enzima, estraendolo da un microrganismo, e ne applica l’azione all’antico tessuto. L’enzima libera certi gruppi chimici che nel corso del tempo si sono associati alle molecole di glucosio della cellulosa. Permette quindi di misurare l’entità della modificazione, tanto maggiore quanto maggiore è l’età, fornendo così una datazione.

L’articolo compare su una rivista pubblicata da un istituto di Londra che si occupa di problemi di conservazione di beni artistici e storici: International Insitute for Conservation of Historic and Artistic Works.

Evidenza di frode scientifica


Kuznetsov dice di aver lavorato su quattro campioni di tessuto provenienti da antiche tombe in Irlanda. Fornisce l’identità di coloro che gli hanno dato i tessuti, i luoghi delle sepolture e i nomi di tre delle persone sepolte. Ho condotto una verifica rivolgendomi per corrispondenza a esperti in Irlanda. Stando alle informazioni ricevute, Kuznetsov non sarebbe mai stato in possesso di quei tessuti. Dato che tutta la sperimentazione è stata condotta, a suo dire, su quei quattro campioni, si dovrebbe dedurre che nessuna sperimentazione
è stata fatta e che Kuznetsov si è inventato l’intero resoconto sperimentale. L’evidenza raccolta è esposta nelle seguenti sezioni.

I campioni


I tessuti irlandesi sono così descritti nell’articolo (p. 118):

"Piccole porzioni di diversi lini sepolcrali (10-12 g), di colore grigio chiaro (non tinteggiati), di aspetto pulito e ben conservati, furono acquisiti, dopo essere stati storicamente e stilisticamente datati, dalle seguenti fonti:

Campione #1. A.D. 640, sepoltura di Scanlan Mor, capo di Ossory; scavato nel sito di Ballyknockane nella contea di Limerick, Irlanda; donato dalla Irish Heritage Foundation, Lanesboro, Irlanda.

Campione #2. A.D. 680-720, sepoltura di un monaco non identificato; scavato nel sito necropoli del monastero di St Domanagart, Slive Donard nei Monti Mourne, Irlanda; donato dalla Irish Heritage Foundation, Lanesboro, Irlanda.

Campione #3. A.D. 1110-1135, sepoltura di Liam Doughan, Lord Gillemore; scavato nel sito di Castelgarde presso Pallasgreen, contea di Limerick, Irlanda; donato da Sir Arthur Luttrell, Clogheen, Irlanda.

Campione #4. A.D. 1585, sepoltura di Garrett Og Fitzgerald, undicesimo Conte di Kildare; cattedrale di S. Brigida, Kildare, Irlanda; donato dal Prof. Sean Laoghaire, Westmeath College of Arts, Westmeath, Irlanda".

Come si vede, sono citati per nome tre donatori (fra cui una istituzione). Ho cercato di verificare se essi esistono realmente. (Naturalmente, ho cominciato con una ricerca su Internet e sugli elenchi telefonici, senza risultati). Sono inoltre indicati per nome i personaggi sepolti in tre delle tombe. Ho provato a verificare se le tombe esistono, se sono state aperte ed esaminate, se ne sono stati asportati campioni di tessuto. Ho raccolto le informazioni da numerosi corrispondenti irlandesi, ai quali mi ero rivolto scegliendoli fra esperti di archeologia o di storia locale.

I donatori


Irish Heritage Foundation. Lanesboro è una piccola cittadina nella contea di Longford. Il termine Heritage indica che questa presunta fondazione si occupa di storia locale, genealogia, conservazione di archivi o di monumenti. Due esperti di storia locale, J. P. Kilcline e Vincent Byrne, non conoscono alcuna fondazione con quel nome. Ho poi scritto alla County Longford Historical Society, e Seamus Mulvey ha confermato che la fondazione non esiste.

Sir Arthur Luttrell. Clogheen è un piccolo paese nella contea di Tipperary. Edmund O’Riordan vive a Clogheen da cinquant’anni e ha compilato una storia del luogo. Non conosce un Sir Arthur Luttrell ed è sicuro che ne avrebbe sentito parlare se abitasse in zona.

Prof. Sean Laoghaire. Il suo indirizzo viene indicato da Kuznetsov come Westmeath College of Arts, Westmeath, Irlanda. Westmeath è il nome di una contea, ma non di una città. Di solito, le contee irlandesi portano lo stesso nome della città principale, ma non in questo caso. Ho fatto il possibile per accertare se, in qualunque località irlandese, esista un Westmeath College of Arts. Ho interpellato uffici o persone, a partire dalle amministrazioni centrali a Dublino, che dovrebbero essere al corrente dell’esistenza di scuole d’arte. Nessuno ha mai sentito nominare questo College. Ringrazio i seguenti corrispondenti: Gerardette Bailey, Pauline Delaney, Brian Harten, Ann Howley, Sharon McGrane, Gerry O’Sullivan, Sarah Ryan.

Le sepolture


Scanlan Mor, capo di Ossory. Quello di Ossory era uno dei diversi piccoli regni in cui l’Irlanda era divisa all’epoca. Gli Annals of the Four Masters, un’importante fonte di informazioni per l’antica storia irlandese, riportano per l’anno 640: "Scannlan Mor, figlio di Ceannfaeladh, capo di Osraighe [Ossory] , morì". È quasi tutto ciò che si sa del personaggio. Scannlan Mor, cioè
Scannlan "il Grande", fu un chief, un capo, una sorta di re tribale. Sono relativamente scarse le conoscenze su quell’epoca della storia irlandese, quindi il ritrovamento della tomba di un re sarebbe di grande interesse. Nessuno, fra gli studiosi che ho consultato, sa dell’esistenza di una tomba di Scannlan Mor. Se una tomba esistesse, sarebbe difficile pensare che un tessuto in essa contenuto sia stato ritrovato "ben conservato". Se un tessuto fosse stato recuperato, è difficile immaginare che sia in possesso di una Fondazione di Lanesboro che ne può disporre regalandolo a un chimico straniero.

Un corrispondente molto ben informato su dettagli storici, Larry Walsh (del Museo di Limerick, e direttore della rivista The Old Limerick Journal), mi scrive a proposito del luogo del presunto ritrovamento. Ballyknockane House, nella contea di Limerick, fu costruito da un Michael Scanlan. La coincidenza del nome, giunta in qualche modo a Kuznetsov, può averlo indotto a collocare lì la tomba. Ma questo Michael Scanlan, che si sappia, non aveva alcuna parentela con l’antico sovrano, e Ballyknockane House fu costruita soltanto nel 1793-94. Inoltre il luogo non è vicino alla zona dell’antico regno di Ossory, che si estendeva all’incirca dove oggi c’è la contea di Kilkenny, non in quella di Limerick.

Monastero di St Domanagart. Ai corrispondenti non risulta che in questo monastero siano stati ritrovati tessuti così antichi. Qualcuno ritiene che in realtà non siano state scavate tombe nella zona. Comunque, dato che Kuznetsov parla di un monaco non identificato, è difficile arrivare a conclusioni.

Liam Doughan, Lord Gillemore. Il già citato Larry Walsh ha fornito utili informazioni sulla storia dei Lord Gillemore (o Lord Guillamore, come di solito il nome viene scritto). Altre notizie le ho ricavate da Internet. Il nome di famiglia di questi lord è O’Grady. Ma il primo Lord Guillamore fu creato soltanto nel 1831, quando Standish O’Grady fu nominato visconte. Gli O’Grady non ebbero alcuna relazione con i possedimenti di Guillamore fino al XVIII secolo, quando il nonno del primo visconte sposò una donna che li portò in dote. La residenza di Castlegarde fu abitata da qualcuno della famiglia, ma questo accadde soltanto in epoca recente. Infatti Castlegarde fu abitata per la prima volta da un membro della famiglia O’Grady nel XIX secolo, quando un parente del primo visconte costruì una casa presso una vecchia torre. Negli anni seguenti, altri visconti Guillamore vi tennero residenza. Non sono riuscito a rintracciare alcun personaggio storico col nome di Liam Doughan.

Ho trovato che Castlegarde, cioè la parte della vecchia torre, viene talvolta descritta come la più antica casa abitata nella contea di Limerick. Forse Kuznetsov ha rilevato questa informazione (per esempio su Internet, come me), e ha anche letto che Castlegarde fu la residenza dei Lord Guillamore. Non sapendo, però, che questi Lord arrivarono lì non prima del XIX secolo, ha immaginato che quella fosse la loro residenza ancestrale. Quanto al nome di Liam Doughan, non so dove lo abbia reperito (o forse se lo sarà inventato).

Presso la East Clare Heritage si sta compilando un archivio per la storia della famiglia O’Grady. Da quella associazione, Gerard Madden mi informa che le tombe di entrambi i rami della famiglia si trovano in altre località (Aney e Knockainy), ma non a Castlegarde.

Garrett Og Fitzgerald, undicesimo Conte di Kildare. La scelta di questo nome è stata quanto mai infelice da parte di Kuznetsov: i conti di Kildare furono personaggi molto importanti nella storia irlandese, e l’idea che qualcuno in Irlanda possa regalare a un russo un pezzo di stoffa proveniente da una tomba di un Kildare è tanto inverosimile da far nascere da sola dei sospetti. L’ottavo conte, nonno di questo Garrett (o Gerald), fu una sorta di vicerè dell’Irlanda. Il padre, nono conte, incontrò l’opposizione del re Enrico VIII e morì a Londra suo prigioniero. Il fratello maggiore, divenuto, giovanissimo, il decimo conte, guidò una ribellione degli irlandesi contro la corona britannica; fu sconfitto e fatto impiccare dal re assieme a cinque suoi zii. Il nostro Gerald, ancora un ragazzo, si salvò perché fu fatto fuggire e portato a Roma. Visse in esilio per molti anni fin dopo la morte di Enrico. Sotto la regina Maria poté tornare in Irlanda, ma poi, sotto Elisabetta, fu ancora perseguitato e gli furono in parte espropriati i possedimenti. (Era il periodo in cui Elisabetta schiacciava ogni velleità di indipendenza con quella che gli storici, dell’una o dell’altra sponda, hanno poi chiamato inflessibile determinazione oppure inaudita ferocia). Trascorse diversi anni in prigionia, ed era prigioniero della regina quando morì a Londra nel 1585.

Garrett si dedicava a studiare le arti magiche nel suo castello di Kilkea, e per questo è noto come il Conte Mago. La gente d’Irlanda continuò, dopo la sua morte, a coltivare le speranze di rivincita che aveva investito sulla sua dinastia. Si formarono leggende secondo le quali l’imponente castello era infestato dal fantasma del Conte Mago. In una delle versioni (c’è una certa confusione), il fantasma arriva al castello su un cavallo con gli zoccoli (cioè i "ferri") d’argento. Quando l’argento sarà tutto consumato, il Conte si risveglierà dal sonno della morte, piomberà fra i vivi già vestito della sua armatura, e guiderà gli irlandesi in una vittoriosa battaglia contro gli inglesi. Ridarà l’indipendenza a tutta l’Irlanda e ne sarà il re.

Oggi gli irlandesi non stanno più aspettando che il Conte Mago risorga dal sepolcro per liberarli dagli inglesi. Ma di certo non sarebbero contenti se sapessero che qualcuno ha profanato la sua tomba e gli ha strappato un lembo della camicia per regalarlo a un russo.

Sarebbe comunque difficile prelevare un tessuto dalla sua tomba, perché la tomba non esiste più. Il Conte morì a Londra nel 1585, infatti, e in seguito la salma fu trasferita a Kildare (la città nell’omonima contea irlandese). Ma la sua tomba è oggi introvabile. Adrian J. Mullowney, di Kildare, che mi era stato indicato come il più autorevole esperto di storia locale, mi informa che la cattedrale di Santa Brigida andò parzialmente in rovina durante le guerre del XVII secolo, e molte tombe furono distrutte. La chiesa fu ricostruita nel XIX secolo, ma né allora né in seguito si è scoperta una tomba dell’undicesimo conte. Oggi nella chiesa, come in una adiacente cripta in cui, secondo la tradizione, alcuni Kildare erano in origine tumulati, non c’è traccia di una sepoltura, né c’è una lapide o una iscrizione relativa all’undicesimo Conte.

Ringrazio anche un altro storico locale, Karel Kiely, della Kildare Heritage & Genealogy Co, che si è pure avvalso della consulenza di Con Costello, della Kildare Archaeological Society. Ringrazio poi Hermann Geissel.

Altri contributi


Oltre a quelli fin qui citati, numerosi altri corrispondenti, archeologi o esperti di storia locale, mi hanno risposto dicendo che non sono al corrente dell’esistenza dei personaggi citati da Kuznetsov, né del fatto che siano stati effettuati scavi o siano stati recuperati tessuti nei termini da lui descritti. Ringrazio i seguenti: Elizabeth O’Brien, William O’Brien, Oliver Cassidy, Eamonn Cotter, Maria FitzGerald, Cathy Daly, Margaret Gowen, Annaba Kilfeather, Martina Malone, Conor McDermott, John O’Neill, Claire Walsh, Elizabeth Wincott Heckett. Ringrazio in particolare Richard Warner, curatore per l’archeologia e l’etnografia dell’Ulster Museum, Belfast, per le sue risposte circostanziate.
Se tante persone dell’ambiente, in un paese piccolo come l’Irlanda, sono concordi nel non aver mai sentito nominare le persone o i fatti citati da Kuznetsov, è difficile pensare che tutte le sue affermazioni siano vere.

Una conferma dal National Museum of Ireland


Quando questa parte dell’inchiesta era terminata, da Dublino mi giunse una conferma da parte del principale museo irlandese, dove i funzionari avevano condotto una inchiesta parallela, dopo che avevo loro segnalato il caso. Le conclusioni raggiunte dal Museo sono importanti, sia perché potevano essere svolte indagini da posizione autorevole e ben informata, sia perché, secondo le norme da tempo vigenti in Irlanda, nessun reperto archeologico può essere portato fuori dal paese senza una speciale autorizzazione del Museo.

Mary Cahill, Assistant Keeper della Irish Antiquities Division presso il museo, mi ha spedito copia di una lettera da lei inviata all’Institute for Conservation londinese, l’editore della rivista che aveva pubblicato l’articolo. La riporto:

"Siamo stati contattati da Mr Gian Marco Rinaldi in relazione a un articolo di Dmitri A. Kuznetsov, pubblicato nel vol. 45, n.2, della rivista dell’Istituto. Nell’articolo l’autore pretende di usare alcuni campioni di tessuto provenienti dall’Irlanda per sostenere la sua asserzione che "esiste una correlazione positiva diretta fra campioni di diverse età di calendario e il loro grado di metilazione della cellulosa..."

"Avendo controllato l’articolo, mi spiace dovervi informare che, per quanto riguarda i campioni di tessuti dall’Irlanda, non c’è alcuna base per l’ipotesi avanzata dall’autore. Le sepolture che descrive, contenenti i resti di alcuni individui nominati, sono sconosciute all’archeologia irlandese. Le istituzioni e gli individui che egli nomina come fornitori dei campioni, non esistono.

"Inoltre, sia lo scavo archeologico che l’alterazione di oggetti archeologici (inclusa la rimozione di campioni per esami) sono strettamente controllati dalla legislazione. Permessi di alterazione sono rilasciati dal Minister for Arts, Heritage, Gaeltacht and the Islands attraverso il National Museum of Ireland. Non c’è traccia di richieste o del rilascio di permessi per i campioni descritti. Non hanno avuto luogo scavi nei siti descritti.

"L’autore sembra essersi dato da fare per "identificare" siti e nomi di persone che sono chiaramente di origine irlandese, ma sono immediatamente sospetti per chiunque abbia familiarità con l’archeologia e la storia della nazione. Potrei trattare in dettaglio ogni nome di luogo o di persona, ma probabilmente non è necessario. Basti dire che l’informazione sull’Irlanda data nell’articolo non ha alcuna base nella realtà".

Un articolo dalla Georgia


Un riferimento nella bibliografia, il n. 17, rimanda a un articolo pubblicato nel 1980 sui Proceedings of the Georgian Soviet Socialist Republic Academy of Sciences, a firma di tre autori, V. G. Archilashvili, A. V. Tkhavaberidze e O. B. Pachkhelavia. È un riferimento chiave perché Kuznetsov rimanda a quell’articolo per la descrizione del metodo da lui impiegato per coltivare i microrganismi da cui viene estratto l’enzima per gli esperimenti. Se quell’articolo non esiste, non esiste il metodo e non si possono fare gli esperimenti. Da Tbilisi ho ricevuto la lettera di Dali Suladze, Segretario Scientifico della Biblioteca Centrale Scientifica dell’Accademia delle Scienze della Georgia. Mi informa che non esiste quell’articolo sulle pubblicazioni dell’Accademia, Proceedings o Bulletin. Nemmeno i numeri dei volumi, per il 1980, corrispondono col volume n. 54 indicato da Kuznetsov. Inoltre Suladze ha interpellato tre scienziati che lavorano nel campo biologico (gli accademici M. Zaalishvili, V. Okudjava, T. Dekanosidze), i quali non conoscono i nomi dei presunti autori dell’articolo.

Ringrazio anche la Dr.ssa Adelaide Piccolomo, bibliotecaria alla Sapienza di Roma, che aveva a sua volta condotto ricerche sulle annate delle riviste georgiane.

Affiliazione


Alla fine dell’articolo c’è una breve nota biografica, dove Kuznetsov, dopo avere enumerato i suoi titoli, dice di sé: "Attualmente è professore di biochimica, Nesterova College, University of Moscow, e direttore degli SBR Laboratories, Inc., Mosca". Indica poi l’indirizzo del laboratorio, dove le iniziali sono quelle da lui solitamente usate come abbreviazione per Sedov Biopolymer Research Laboratories: "S. B. R. L., 25-44 Menzhinski Street, Moscow 129327", ma questo non è altro che il suo indirizzo privato.

Oltre al Sedov, Kuznetsov dà qui una nuova affiliazione: Nesterova College dell’Università di Mosca. Dire Università di Mosca, senza altre specificazioni, significa intendere la grande università statale di quella città. Non sono riuscito a localizzare un Nesterova College in quella università, anche se può essere difficile comprovare che non c’è. La cosa è più sospetta per un curioso alternarsi di maschile e femminile. Infatti, scrivendomi nell’ottobre del 2000 (ad articolo già pubblicato), Kuznetsov diceva di essere part-time professor di chimica e biochimica al Nesteroff College della Università di Mosca. Anche una nota di aggiornamento al suo curriculum riporta, al maschile, Nesteroff College.

Mikhail Nesterov è stato un pittore russo abbastanza noto, cento anni fa, e ci potrebbe essere un college a lui intitolato. C’è però a Mosca una scuola privata, denominata a volte come "università", condotta da una Natalia Nesterova. È un complesso di scuole di vario tipo: lezioni di inglese, corsi di computer, scuola di belle maniere per signorine, fino a una "università umanistica". Ritengo possibile che Kuznetsov abbia trovato un lavoro presso questa scuola, ma dubito che la si possa far passare come undell’università statale di Mosca. Ho scritto a questa Natalia Nesterova ma non ho avuto risposta.

Che si tratti di questa scuola, è probabile per un analogo balletto di maschile e femminile con cui Ivanov si presentò a Torino nel 2000 per un congresso sulla sindone organizzato dal vescovo. Nella relazione preliminare inviata al congresso, come nella presentazione sul sito Internet del vescovado, Ivanov si dice affiliato a una "Nesteroff University" di Mosca. Scrissi alla segreteria dell’Ostensione, presso il vescovado di Torino, chiedendo che mi dessero l’indirizzo di quella università, o che inoltrassero a Ivanov una mia lettera dove lo pregavo di mettersi in contatto con me. Mi risposero di avergli spedito la mia richiesta. Non ottenendo una risposta da Ivanov, sollecitai l’ufficio torinese che gli inviò una seconda richiesta. Nessuna risposta. La segretaria disse che non potevano darmi l’indirizzo privato di Ivanov, dato che lui aveva vietato. In realtà non chiedevo un indirizzo privato, ma quello dell’Università Nesteroff. Infine, nella edizione a stampa degli Atti del convegno che è poi stata pubblicata, l’affiliazione di Ivanov ha cambiato sesso ed è diventata la "Natalia Nesterova University" di Mosca. Suppongo quindi che anche per Kuznetsov si tratti di un impiego presso questa scuola, e che sia una scuola privata non connessa con l’Università di Mosca.

Finanziatori


Nella sezione finale dei ringraziamenti, Kuznetsov scrive: "La maggior parte di questo lavoro è stata finanziata dall’ATLAS Research Program Grant fornito dalla Guy Berthault Foundation, Meulan, Francia, nel 1996-97. La procedura di isolamento/purificazione dell’enzima è stata finanziata dal Marc Antonacci Fund for Turin Shroud Research, St Louis, Missouri". Dunque ancora Berthault, anche se si riferisce al periodo anteriore alla carcerazione. Poi c’è un ringraziamento per Marc, in realtà Mark, Antonacci.
È un avvocato americano, appassionato sindonologo, che recentemente ha pubblicato un libro con il titolo La resurrezione della Sindone. Gli ho scritto per sapere se realmente ha finanziato Kuznetsov, ma non ho avuto risposta.

Consulenti


Proseguendo nella sezione dei ringraziamenti, Kuznetsov cita due consulenti principali: "Un ringraziamento speciale al Professor Shane Leslie Healy della University of Dublin e a Monsignor Denis Meehan della Irish Heritage Foundation, Lanesboro, Irlanda, per le loro consulenze sui dettagli stilistici relativi alle età degli antichi tessuti irlandesi". Ho controllato se esistono.

Professor Shane Leslie Healy della University of Dublin. Non esiste a Dublino una università che porti questa denominazione ufficiale, ma per uno straniero potrebbe concedersi che usi un termine generico per una delle università della città. Ho richiesto informazioni all’Ufficio del personale per ciascuna delle tre università di Dublino: Dublin City University, University College Dublin, Trinity College Dublin. Tutti hanno risposto che non conoscono alcun Shane Leslie Healy.

Monsignor Denis Meehan della Irish Heritage Foundation, Lanesboro. Denis Meehan è un nome comune in Irlanda, ma ai corrispondenti del luogo, quelli già citati in relazione alla Fondazione, non risulta che a Lanesboro ci sia un monsignore con quel nome, tanto meno associato a una fondazione che non sembra esistere.

Di seguito ancora, Kuznetsov scrive: "Il Dr Patrick O’Callaghan della University of Dallas; il Dr Elliot Byrne e il Dr Kevin O’Toole della Sacred Heart University a Fairfield, CT; il Professor Alan O’Donnell e il Dr Dylan O’Phelan della Fordham University a New York; Padre Patrick Guilhooley dell’Albertus Magnus College a New Haven, CT; il Dr Claude Maistre e il Professor Kenneth Ryan della Loyola University di Chicago; il Dr Paul de Caussade della University of Notre Dame, Notre Dame, IN; e il Professor Arthur McGeady del Quinnipiac College a Hamden, CT, sono da ringraziare per le loro utili osservazioni critiche e per la gentile attenzione a questo studio".

Si tratta di dieci nomi di dottori o professori presso sette università americane. Tutte, tranne l’ultima, sono scuole private confessionali cattoliche. Queste università hanno siti su Internet con l’elenco completo del personale docente. Ho controllato ma non ho trovato i nomi indicati. Ho comunque scritto a tutte le università, chiedendo se hanno, o hanno avuto negli anni scorsi, questi nomi nel loro staff. Cinque delle sette università hanno risposto di non conoscere i nomi. Una non ha risposto. Una ha risposto che non possono dare informazioni sui dipendenti senza il permesso degli interessati. Ho replicato che mi serve solo sapere se gli interessati esistono, ma non ho avuto risposta. Ritengo di poter concludere che, almeno per la maggior parte, quelle persone non esistono.

Kuznetsov continua: "Assistenza tecnica essenziale nella spettrofotometria in reflettanza UV-VIS è stata gentilmente fornita da Mrs Anne-Marie Toussaint, St Vincent College a Bridgeport, Connecticut".

Il St Vincent College è un’altra scuola cattolica, ma la sua sede è in Pennsylvania, non in Connecticut. Ho scritto chiedendo se esista una sede staccata a Bridgeport, e se abbiano una Anne-Marie Toussaint fra i dipendenti. Hanno risposto che non esiste una sede a Bridgeport e che non conoscono una Toussaint. (Kuznetsov dovrebbe ben sapere dove si trovi Bridgeport, la città dove rimase in carcere per mesi).

Infine, l’ultima frase dalla sezione dei ringraziamenti: "Mr Ignat Peremyshlo, Institute for Applied Microbiology di Mosca, va ringraziato per la sua continua assistenza nella preparazione dei campioni di enzima per il trattamento dei tessuti".

Mi è stato impossibile rintracciare l’istituto di Mosca, che ha un nome troppo generico. Credo che a questo punto possiamo solo augurare al signor Peremyshlo di esistere.

Mi pare evidente che Kuznetsov, con questo articolo, intendeva suscitare interesse in ambienti religiosi cattolici: non c’era altro motivo per selezionare tante università confessionali.

Pubblicazione


Non so quali siano i criteri adottati da questa rivista per accettare gli articoli. La rivista conta sei direttori, tutti paritetici. Appartengono per lo più all’area britannica e tutti si occupano di cose antiche e di musei. Trovo quindi strano che abbiano visto l’articolo senza accorgersi delle incongruenze che contiene.

Ringraziamenti


Nel concludere il resoconto dell’inchiesta, ringrazio caldamente i tanti corrispondenti che mi hanno permesso di realizzarla. Diversi di loro hanno condotto ricerche o si sono prodigati con notevole impegno per procurare le informazioni che richiedevo. In alcuni casi si è sviluppata una corrispondenza che è proseguita con lo scambio di numerose lettere.

Nel corso dell’esposizione ho citato i nomi di tutti coloro che hanno fornito particolari elementi utili ai fini dell’evidenza raccolta. Alcuni dei nomi già citati vanno di nuovo ringraziati per la disponibilità con cui hanno collaborato: si tratta di "Atheologian", Luigi Campanella, Odile Eisenstein, Marian Hyman, Mary Virginia Orna, Denise Parent, Sidney Weinstein e Ian Wilson, oltre a Malcom Bowden e Carl Wieland.

È stato un piacere entrare in contatto con gli esponenti di organizzazioni scettiche di vari paesi. Ringrazio Jon Blumenfeld (Connecticut), Dan Larhammar (Svezia), Barry Williams (Australia), e in particolare Paul-Éric Blanrue (Francia). Qui da noi, Luigi Garlaschelli si è reso utile in varie circostanze.

Mi scuso se, fra tanti nomi, ho dimenticato di citarne qualcuno. Estendo i ringraziamenti ad altri corrispondenti che, pur senza trovarsi in condizione di fornire contributi di rilievo, si erano comunque gentilmente resi disponibili.

Ringrazio infine lo stesso Kuznetsov che, suo malgrado, mi ha dato lo spunto per iniziare l’indagine. Infatti mi inviò spontaneamente (ottobre 2000), fra altre cose, una copia del suo articolo più recente, quello dei tessuti irlandesi. Non conoscevo il lavoro e probabilmente non lo avrei mai visto se non fosse stato lui a spedirmelo. Fu proprio la lettura di quell’articolo che mi fece sorgere i primi sospetti. Kuznetsov va anche ringraziato per avere fornito alcune delle fotografie qui pubblicate.

Note


1) Un esempio tipico di frode scientifica è appunto quello che consideriamo: la dichiarazioni di dati sperimentali falsi o inventati. Questo comportamento è contrario all’etica professionale degli scienziati ma non è tale da violare qualche articolo del codice penale. Chi se ne rende responsabile rischia sul piano della sua carriera di ricercatore ma non dovrà comparire in tribunale.
2) Degli interventi di Larhammar abbiamo già detto nella biografia. Quanto a Nelson, pubblicò una nota in una rivista creazionista, Bible-Science News, 33 (1995), 15-16. Nelson mi scrive che all’epoca furono inutili i suoi tentativi di mettersi in contatto con Kuznetsov per avere spiegazioni. Come per altri creazionisti e come per Larhammar, il russo risultava introvabile.
3) Kuznetsov avrebbe avuto tutto l’interesse a difendersi, perché in conseguenza dello scandalo dovette interrompere la sua carriera di creazionista. Le associazioni creazioniste si sganciarono da lui quando la notizia della falsa bibliografia fu diffusa dalle organizzazioni degli scettici. Abbiamo già visto che Larhammar pubblicò una articolo sullo Skeptical Inquirer nel 1995 ("Severe flaws in scientific study criticizing evolution", Vol. 19, n. 2). Nello stesso anno, la rivista degli scettici australiani, The Skeptic, pubblicò due articoli sulla vicenda (Ken Smith, "Creationist’s Chicanery Exposed", Vol. 15, n. 1; Steve Roberts, "TheStrange mind of Dr Kouznetov", Vol. 15, n. 3). In America ci furono scettici, come James Lippard o Richard Trott, che ne parlarono su siti Internet. (Lippard mi informa che apparvero critiche anche sulle pubblicazioni del National Center for Science Education, che non ho visto.)
Nei citati articoli di Roberts e Smith, si legge che gli scettici australiani avevano già avuto nel mirino Kuznetsov nel 1991, quando ci fu un suo ben reclamizzato giro di conferenze in Australia. Si erano allora accorti che nel suo curriculum diceva di essere nel comitato di direzione di tre riviste scientifiche, due delle quali risultarono inesistenti (la terza era l’Intern. J. Neurosc.).
4) All’epoca c’era già a Mosca una chiesa battista (con pastori americani). La Slavic Gospel Association, fondata in America negli anni ‘30 da un emigrato russo, si dedicava alla evangelizzazione della Russia e di altre nazioni slave. Stampava la Bibbia, tradotta in russo e nelle altre lingue locali, e la distribuiva in milioni di copie. Nel 1983 stampò in diecimila copie la prima traduzione russa di un libro creazionista (di Henry Morris). Fu la lettura di questo libro a produrre la "conversione" del nostro Kuznetsov.
5) Henry M. Morris è stato definito il padre del moderno creazionismo. Vi si dedica da mezzo secolo. Fondò l’Institute for Creation Research, di cui oggi è il presidente emerito. Conseguì un Ph.D. in ingegneria idraulica che gli servì per inventare una nuova disciplina scientifica, l’idrodinamica diluviana, cioè lo studio del modo in cui il deflusso delle acque del diluvio modellò la crosta terrestre quale la vediamo. Ha scritto una cinquantina di libri e innumerevoli articoli.
Eugene Grossman (o Grosman) è un russo che, ancor prima di Kuznetsov, fece la sua stessa scelta e diventò battista e creazionista. Emigrò in America dove fu attivo nell’ambiente e lavorò in particolare per la Slavic Gospel. Fu lui a tradurre in russo il libro di Morris che nel 1983 convertì Kuznetsov. In anni recenti, Grossman è rientrato stabilmente in Russia.
6) Fu Weinstein ad aprire a Kuznetsov le porte dell’America (era forse il 1988, ma non ho la data precisa). Kuznetsov, per uscire dalla Russia, aveva bisogno che uno scienziato straniero lo invitasse nel suo laboratorio. Weinstein lo invitò nel laboratorio privato che possiede a Danbury, Connecticut. Andò
a prenderlo di persona al suo arrivo all’aeroporto Kennedy. Lo ospitò a casa sua per diverse settimane. Lo portò anche a far visita al laboratorio di tossicologia del New York Medical College a Valhalla, dove, dice, fece ottima impressione. Weinstein sapeva dell’insolita posizione religiosa del russo, perché fu così gentile da presentarlo al ministro battista del posto, col quale Kuznetsov fece amicizia. Lo assistette anche per aprire un conto corrente presso una banca, dove i fedeli della chiesa avrebbero versato le loro offerte per la sua opera di scienziato cristiano. In seguito lo introdusse anche in ambienti cattolici interessati alla datazione della sindone. (Questi dettagli sono ripresi da una lettera che Weinstein ha inviato ad "Atheologian", un mio corrispondente russo che si interessa anche lui di Kuznetsov).
I due rimasero in contatto per anni, non si sa quanto a lungo: Weinstein dice di non ricordare le date esatte, come si può comprendere. In una lettera che mi ha scritto, si riferisce al fatto che Kuznetsov gli illustrò i suoi lavori sulla datazione della sindone e gli mostrò articoli con le discussioni che ne erano nate. Questo doveva essere non prima della fine del 1993, in prossimità con l’epoca dell’intervento di Larhammar.
Verrebbe da pensare che forse Weinstein aveva simpatie per il creazionismo, ciò che spiegherebbe un trattamento di favore verso Kuznetsov. In realtà non sembra che fosse in alcun modo legato agli ambienti creazionisti. D’altra parte, Weinstein poteva essere in contiguità con ambienti genericamente religiosi, a giudicare dal fatto che è stato in seguito nominato Cavaliere di Malta (e perciò si fregia di un Sir davanti al suo nome). Si tratta non del Sovrano Militare Ordine di Malta, che (per quanto ne so) è controllato dal Vaticano ed è paragonabile a un ordine religioso, ma di un Imperiale Ordine di San Giovanni di Gerusalemme Ecumenico, un altro dei rami dei cavalieri di Malta, che suppongo pur sempre in sintonia con qualche fede religiosa.
Se Sir Sidney fu troppo indulgente verso Kuznetsov, si è poi riabilitato quando, nel 2001, come abbiamo visto nella biografia, ha forse contribuito a mandare a monte la collaborazione del nostro con i servizi segreti russi.
7) Ho attinto a una copia del curriculum che lo stesso Kuznetsov mi ha gentilmente inviato. Si tratta di fotocopia di un testo tirato da stampante di computer, con l’aggiunta di note scritte a penna (in tutto dieci pagine). Il testo stampato appare aggiornato alla fine del 1998 o al 1999. Le aggiunte furono apposte al momento di inviarmelo, nell’ottobre 2000. La bibliografia contiene 57 voci (36 in inglese e 21 in russo), dal 1978 al 2000.
8) Si tratta di un lino dell’epoca di Cristo, proveniente da un museo israeliano, che Kuznetsov dice di avere avuto da un sindonologo italiano, Mario Moroni. Infatti il signor Moroni mi conferma di avergli fornito il tessuto. Si può dubitare, però, che Kuznetsov lo abbia usato per questo esperimento che è un confronto con altri sette tessuti la cui esistenza appare dubbia. Moroni dice di avere inviato il campione il 4 gennaio 1994. Il manoscritto del primo [2b] degli articoli giunse alla redazione della rivista il 7 marzo. Questo è anche il lino che Kuznetsov dice di avere usato per gli esperimenti della simulazione d’incendio [3]. Moroni non mi ha specificato quale fosse il peso del campione.
9) Il nome della Krupa mi era stato fatto da un’altra Tatiana, la figlia di Larissa Riazantseva, fresca di dottorato in lettere, incaricata dalla madre di informarsi sui contatti più opportuni. Mi ha procurato indirizzi di archeologi specialisti nel campo degli antichi tessuti. È sorprendente la gentilezza di queste agenzie di viaggio, che sapevano che io non avrei pagato niente per i loro servizi. Per chi avesse in programma un viaggio in Ucraina, mi si lasci consigliare i nomi delle agenzie dei due corrispondenti più
solerti: la "Gate to Crimea" (Simferopoli) di Gennady Rut e la "Ukrointour" (Kiev) della Riazantseva.
10) In una precedente relazione a un congresso di sindonologi a Roma nel 1993 (che non ho preso in esame per l’indagine), Kuznetsov dice di avere sperimentato su un antico tessuto, proveniente sempre da Bukhara, fornitogli dal Middle Asian Ethnographical Museum di Tashkent, la capitale dell’Uzbekistan. Per i successivi articoli, ha usato un nome analogo spostando il museo a Samarcanda.
11) Kuznetsov fornisce questi nomi in maniera confusa. In [3a] cita il nome di Bakhroushin e della istituzione di Protvino. In [3c] cita Protvino ma non la denominazione dell’istituto, e cita il nome di Bakhroushin assieme ad altri nomi nella sezione dei ringraziamenti, senza però specificare che ha lavorato sull’AMS. In [3b] non cita niente, né la città né l’istituzione né l’uomo.
Anche in [4a] e [4b] le due citazioni, uguali fra loro, di Shevardin e della istituzione di Protvino compaiono solo nella sezione dei ringraziamenti. Nel testo viene semplicemente detto, in una riga, che è stato usato l’AMS per misurare la composizione isotopica, senza specificare come e dove, e apponendo un rimando bibliografico a un altro articolo di Kuznetsov e soci [1a], dove però non c’è traccia dell’uso dell’AMS. Leggendo il testo, quindi, si ha l’impressione che la misurazione in AMS sia stata condotta dagli stessi autori, in conformità a un metodo da loro descritto in un altro articolo.
12) A. J. T. Jull, D. J. Donahue, P. E. Damon: "Factors that affect the apparent radiocarbon age of textiles". In Orna, M.V., ed., Archaeological Chemistry, ACS Symp. Series, 1996, 248-53.

13) Si può aggiungere che nella bibliografia di [4ab], al n. 6, c’è una voce sospetta. Rimanda a un articolo dello stesso Kuznetsov, assieme ad altri tre autori, in un volume di Atti di un Simposio tenutosi a Praga nel 1993. L’editore del volume è indicato come University of Prague Press. Non esiste a Praga una editrice con questo nome. Le edizioni universitarie sono indicate come Charles University Press o Karolinum Press. Ho scritto a questa editrice e hanno risposto che gli Atti di quel congresso furono pubblicati da un’altra casa editrice di Praga, la Academia, come supplemento alla rivista Folia Microbiologica. Ho scritto sia alla Academia che alla redazione della rivista, senza avere risposta. Tuttavia la rivista è presente nel database di PubMed e non vengono elencati supplementi nel 1993 o negli anni successivi. Inoltre, in tutto PubMed non figurano i nomi di nessuno dei tre co-autori, né del curatore del volume. Né l’articolo né
la partecipazione al congresso compaiono nel dettagliato curriculum personale compilato da Kuznetsov.
14) Nei due articoli [4ab], quelli con cinque autori, l’indirizzo non è completo, cioè manca l’indicazione di viale Grafsky. Forse Kuznetsov pensava che, se metteva il nome della via per l’indirizzo di Mosca, doveva farlo anche per l’indirizzo di Krasnodar. Fu questo dettaglio che mi fece venire il primo sospetto sulla reale esistenza dell’istituzione di Krasnodar.
15) Kuznetsov pubblicò parecchi lavori di tossicologia, negli anni ‘80, con l’affiliazione di questa "Moscow Station for Sanitation and Epidemiology", che qui per brevità chiamiamo Stazione sanitaria. (Oggi la si trova anche citata con una denominazione traducibile come "Centro statale di Mosca per la supervisione sanitaria ed epidemiologica"). La sua funzione è
di esercitare un controllo, per esempio, sull’igiene di acqua, cibi, luoghi di lavoro, monitorare il possibile diffondersi di epidemie, svolgere funzioni burocratiche per quanto riguarda gli aspetti sanitari. Simili Stazioni sono sparse nelle città su tutto il territorio della federazione russa. Nell’era sovietica, a quanto sembra, la rete delle Stazioni serviva al potere centrale, cioè al Partito comunista, per esercitare un controllo, suppongo anche politico, sui medici, gli ospedali e tutto l’apparato sanitario.
16) Forse Moroni ha fornito anche denaro, oltre al tessuto, come si desume da un passo tratto da un articolo (che cito anche nella biografia) in una rivista sindonologica: "L’enorme interesse e l’entusiasmo suscitati dallo scienziato moscovita testimoniano il grande valore delle sue ricerche, condotte con serietà e rigore scientifico e pubblicate lo scorso gennaio dal prestigioso Journal of Archaeological Science. Dobbiamo essere veramente grati a Guy Berthault, il geologo francese che ha introdotto Kuznetsov agli studi sindonici ed ha finanziato la maggior parte dei suoi esperimenti, e a Mario Moroni, che ha fornito preziosi campioni [di tessuto] ed un cospicuo supporto finanziario per le loro analisi". (Maurizio De Bortoli ed Emanuela Marinelli, "Dmitri Kouznetsov in Italia", Collegamento pro Sindone, marzo-aprile 1996, pp. 49-53).
17) Accanto al direttore "in capo" (editor-in-chief), ci sono alcuni direttori associati e un più largo numero di membri di un comitato di direzione (editorial board) o di consulenza. A seconda delle situazioni, e a seconda della prassi adottata in ciascuna rivista, ci può essere una delega a un numero abbastanza ampio di persone, ciascuna delle quali, in pratica, si trova ad assumersi il ruolo principale nella decisione se pubblicare oppure no.

18) Ho provato a inserire le parole "suggested referees" in un motore di Internet e sono uscite in gran quantità le pagine di "Istruzioni per gli autori" di riviste scientifiche. Ci sono riviste che non solo consentono, ma chiedono obbligatoriamente che lindichi i possibili revisori. A volte il numero dei nomi suggeriti non è specificato, altre volte si richiede un numero preciso, in genere fra tre e cinque. Il J. Archaeolog. Sc., nelle sue istruzioni per gli autori, richiede i nomi di cinque revisori suggeriti. Il New J. Chem. permette che vengano suggeriti i nomi, senza indicare il numero. Si può supporre che, essendo ormai invalsa la prassi, anche altre riviste, se pure non lo specificano nelle istruzioni, consentano che l’autore suggerisca i nomi dei revisori.
19) La Orna si occupa di ricerche sul confine fra la chimica e la storia dell’arte. È una suora delle Orsoline e insegna al College of New Rochelle (stato di New York), una università cattolica. La Hyman è ricercatrice di chimica archeologica alla Texas A&M University. Già conosciamo Jull, ricercatore anziano al laboratorio AMS dell’Università dell’Arizona a Tucson.
20) Al congresso partecipava anche Alan Adler, il sindonologo amico di Kuznetsov. Pure Adler ebbe una relazione sulla sindone pubblicata nel volume. Non mi meraviglierei se avesse avuto un ruolo in favore del russo. È deceduto nel 2000 e non ho potuto interpellarlo.
21) A. J. T. Jull, D. J. Donahue, P. E. Damon: "Factors Affecting the Apparent Radiocarbon Age of Textiles". Journal of Archaeological Science, 23 (1996), 157-160.
22) La "pubblicazione multipla" è deprecata in ambiente scientifico. Potrebbe, in teoria, essere anche passibile di conseguenze legali. Infatti un autore, quando viene stampato un suo lavoro, di regola deve firmare una cessione dei diritti all’editore della rivista. Se in seguito un’altra rivista pubblica lo stesso lavoro, è responsabile di violazione del copyright. Kuznetsov, per questi articoli, ha sfruttato sistematicamente la pubblicazione multipla. Ha spedito i lavori a coppie, contemporaneamente, come si rileva dalle date di arrivo nelle redazioni: si comincia con [2b] e [2a], che giungono il 7 e il 14 marzo 1994, fino a [4b] e [4a], 30 settembre e 5 ottobre. Ciascuna delle due riviste, ogni volta, pubblicava un lavoro senza sapere che contemporaneamente un lavoro gemello era in stampa. Quella delle due che usciva per seconda, diventava responsabile di violazione del copyright. L’anno dopo, nell’aprile 1995, partecipando al congresso, Kuznetsov ripresenta due dei lavori, quando già sa che sono stati accettati (e uno è già stampato) da altre riviste. Nelle varie versioni, oltre a presentare gli stessi metodi e stessi dati dei risultati, Kuznetsov usa per larghi tratti anche le stesse parole; piccole differenze sono probabilmente dovute al lavoro di revisione e di correzione dell’inglese, condotto indipendentemente nelle varie redazioni.
23) Anche nell’articolo gemello già apparso su An. Chemistry figuravano i passaggi copiati. La Hyman lo comunicò al direttore di quella rivista, che in seguito pubblicò una breve nota (vol. 68, 1996, p. 1071), a firma di Kuznetsov e colleghi, dove ci si scusava perché 17 capoversi erano stati inseriti senza le virgolette. Cioè, non è che avessero copiato parte del lavoro, semplicemente si erano dimenticati di virgolettare!


Gian Marco Rinaldi
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