Una rassegna sulle terapie alternative

Un lungo articolo che passa in rassegna tutti gli studi compiuti sulla validità della pranoterapia e di altre terapie alternative è comparso recentemente sull'European Journal of Parapsychology, voi 9, pp. 35-91 (1992-93). L'autore, Sybo A. Schouten (della facoltà di Parapsicologia dell'Università di Utrecht e di Edimburgo) fa notare che il numero di guaritori è molto maggiore di quello dei vari sensitivi e medium, e che la pranoterapia e altre terapie alternative hanno importanza mollo maggiore nella vita di ogni giorno di tutto il resto della parapsicologia. L'autore non discute le spiegazioni teoriche offerte per questi fenomeni, ma intende limitarsi a verificarne l'efficacia. Una terapia inefficace non dovrebbe resistere nel tempo, e gradualmente svanire. Come si spiega dunque il persistere di queste pratiche?

Nella prima parte del lavoro, sono riassunte tutte le principali ricerche note (una ventina) sulla pranoterapia, (indicata con vari nomi, ma caratterizzata dall'imposizione delle mani sul paziente) applicata su soggetti umani. Sono poi esaminati anche i principali lavori o rassegne sull'agopuntura e l'omeopatia. Nella seconda parte del lavoro, Schouten esamina gli studi di tipo sociologico sulle pratiche alternative: chi se ne serve, grado di soddisfazione dei pazienti, rapporti con i medici tradizionali, ecc. Da questa seconda parte risulta, semplificando un po', che i pazienti posseggono in genere un'istruzione medio-alta, ma origini socioeconomiche medio-basse; che due terzi sono donne; che sono arrivati alle terapie alternative solo dopo aver tentato cure tradizionali; che per la maggior parte desiderano risolvere problemi cronici, solitamente dolori muscolari o articolari, mali di testa ed emicranie, seguiti da problemi di ordine psicologico (insonnia, ansia, ecc.) L'efficacia dei trattamenti, basata sulla soddisfazione dei clienti (che però nessuno studio correla con le attese precedenti, per cui la tale cifra potrebbe essere leggermente esagerata), è sorprendentemente alta: una media del 68%.

Le controindicazioni sono scarse, dovute principalmente ai casi in cui il paziente, per rivolgersi alle terapie alternative, evita o interrompe un trattamento ortodosso. Le indicazioni più interessanti sono però quelle derivanti dalla prima parte di questa rassegna. E vero che le medicine alternative sembrano efficaci, ma lo sono, in pratica, solo sulla percezione soggettiva (non quantificabile o rilevabile medicamente) dello stato di salute; le misurazioni oggettive, nei pochi casi in cui è stato possibile effettuarle, indicano effetti assai meno pronunciati. In ogni caso "l'entità dell'effetto della guarigione psichica appare correlarsi strettamente alla consapevolezza del paziente che è in atto un tentativo di guarirlo, e sembra vada rapportato soprattutto a variabili psicologiche relative al paziente e all'interazione terapeuta-paziente". In altre parole, se il paziente non sa di essere curato (cura da dietro uno schermo, o a distanza ma in orari diversi da quelli annunciati, o senza avvertire il paziente che una terapia è in atto, ecc.), tutti gli studi indicano efficacia nulla. D'altro canto si sono avuti effetti positivi anche senza terapia, purché il paziente credesse che ne fosse in atto una, a distanza. Benché le medicine alternative differiscano molto tra loro per quanto riguarda i loro metodi e le interpretazioni teoriche, esse sembrano avere tutte circa la stessa efficacia, e "l'effetto del metodo stesso è scarso o nullo a confronto delle variabili psicologiche associate al paziente stesso o al guaritore. Si assume perciò che l'efficacia dei vari metodi alternativi sia dovuta in larga misura a questo processo.

La medicina alternativa e l'effetto placebo hanno molto in comune, ma dai dati disponibili emerge che la prima è in certa misura più efficace del secondo," (normalmente un placebo possiede un'efficacia media del 30-40% con punte dell'80 % quando la fiducia nel trattamento è molto intensa). Altri dati interessanti che emergono dal lavoro di Schouten sono che l'efficacia delle terapie alternative sembra indipendente dalla fiducia che in esse hanno i pazienti: agisce circa nella stessa misura anche sugli scettici.

Inoltre, la sensazione di calore che spesso (oltre a quella di rilassamento) viene associata alla terapia potrebbe essere reale: esiste almeno un lavoro sperimentale in cui, misurando la temperatura sul corpo del paziente, si è rilevato un aumento di circa 4 gradi. È peraltro difficile dare un giudizio sulla bontà di questo lavoro, perché questo effetto è stato misurato sui naso, posizione particolarmente esposta a variazioni spontanee. L'autore non esclude che nelle terapie alternative, in particolare nella pranoterapia, vi possa essere un effetto "paranormale" (in fondo scrive suIl'European Journal of Parapsychology}. Esistono infatti due o tre lavori in cui si afferma di avere verificato differenze in parametri oggettivi, come tassi di emoglobina o velocità nella guarigione di ferite, tra i "trattati" e i "controlli". Uno solo di questi lavori però è in "doppio cieco". Secondo l'autore le dimensioni di un ipotetico effetto paranormale "sono esigue rispetto a quelle osservate nella cosiddetta guarigione psichica. In molti casi, non è inoltre chiaro come tale effetto potrebbe risultare in un miglioramento dello stato di salute dell'individuo [l'A. si riferisce alla nota erraticità dei presunti effetti psi]. (...) Sembra probabile dunque che alla base della maggior parte degli effetti terapeutici osservati nella medicina alternativa e nei trattamenti con placebo vi siano importanti effetti psicologici". Sono anche passati in rassegna la maggior parte dei lavori esistenti riguardanti l'agopuntura, di solito applicata per la cura di dolori artritici cronici e dell'asma, Questi articoli sono risultati essere, mediamente, di qualità scientifica molto bassa. Tra quelli definiti di livello "accettabile", i risultati sono contraddittori, poiché alcuni indicano un'efficacia maggiore nel trattamento vero rispetto al controllo (placebo), mentre altri non trovano alcun effetto. Si nota comunque una tendenza alla diminuzione del "successo" con l'aumentare della qualità degli studi.

Lo studio più recente ed autorevole sull'omeopatia, infine, è stato pubblicato nel 1991 sul British Medical Journal. Sono stati passati in rassegna 105 lavori; di questi, solo 22 hanno avuto un giudizio di qualità sufficiente, e di questi 15 hanno dato risultati positivi, e 7 non hanno dimostrato alcun effetto. Gli autori di quella rassegna giustamente chiedono prove più convincenti: non sotto forma di numerosi studi di qualità bassa, ma di pochi studi di qualità molto elevata e con un grande numero di pazienti. La rassegna di Sybo Schouten non è certo sospettabile di prevenzione scettica, sia per la sede da cui proviene, sia per la rivista su cui è stata pubblicata. Non si può non ricavare l'impressione che tutta l'efficacia delle medicine alternative sia, in ultima analisi, attribuibile a un particolare tipo di effetto placebo.

Potrebbe anche essere vero che, a causa dell'esotismo di queste pratiche, l'effetto sia mediamente maggiore di quello di un placebo classico (pillola attiva contro pillola finta). Resta però i1 problema morale di decidere se è giustificato accettare e riconoscere come pratica terapeutica un trattamento che, intrinsecamente, non ha alcun valore.

Non va dimenticato, infine, che i pranoterapeuti, soprattutto in Italia, tendono ad operare su pazienti affetti anche da gravi malattie organiche o funzionali, e amano affiancare la loro cosiddetta azione terapeutica a tutta una serie di dannosissime attività pseudoscientifiche di infimo livello: fotografia Kirlian dell'aura, apparecchiature elettroniche per esorcismo, sollevamento tavoli, pretesi aiuti ad indagini della polizia, ecc. ecc.

Ma questo è tutto un altro discorso e ci porterebbe troppo lontano... Segnaliamo in questa rassegna, per concludere, un interessante riferimento ad uno studio del 1989 che elenca 3000 guarigioni spontanee (non associate ad alcun tipo dì trattamento medico o alternativo) documentate di malattie ritenute incurabili, raccolte da 800 riviste mediche. Uno studio del 1966 cita 170 casi di soli tumori.

Luigi Garlaschelli,

chimico all'Università di Pavia, fa parte del gruppo sperimentazioni del Cicap



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