Un piccolo scherzo

Quando si contesta l'esistenza dei fenomeni paranormali si parla spesso di errori, di coincidenze, di "selezioni positive" dei risultati, di mancanza di controlli col "doppio cieco" ecc. A volte anche di veri e propri trucchi. Ma non si parla quasi mai di scherzi. Eppure, gli scherzi possono avere avuto, a volte, un ruolo non trascurabile in certi episodi riferiti come "paranormali" da persone in perfetta buona fede. Vorrei riferire un episodio che mi riguarda personalmente e che ritengo sia molto istruttivo, anche per una ragione che dirò alla fine. È un fatto avvenuto nel maggio del 1968 (quasi dieci anni prima della mia inchiesta scettica sul paranormale, quindi in epoca non sospetta). Mi trovavo a quel tempo a Parigi come inviato del Telegiornale per seguire i negoziati sui Vietnam e il famoso "maggio studentesco". Era un momento molto particolare, con scioperi a raffica. La sera, con alcuni colleghi ci trovavamo spesso a cena in un piccolo ristorante della Rive Gauche. Tutto era chiuso, a causa delle manifestazioni, e passavamo le serate conversando. Un collega della radio mi propose di essere suo complice per uno scherzo e accettai ben volentieri. Quella sera egli portò dunque il discorso sui fenomeni paranormali, e parlò di sue esperienze in India, dove diceva di aver scoperto, grazie a un santone, di possedere poteri sconcertanti. Quali? Dopo molte insistenze accettò di fornire una dimostrazione. Sul tavolo vennero posti tre bicchieri rovesciati: uno di noi avrebbe dovuto toccare un bicchiere a scelta, mentre lui era girato. E avrebbe indovinato quale. In effetti, ogni volta ci azzeccava semplicemente perché ero io a comunicarglielo: se era stato scelto il bicchiere di sinistra tenevo la sigaretta nella mano sinistra (a quel tempo fumavo), se il bicchiere di destra, nella mano destra; se quello centrale tenevo la sigaretta in bocca. Molto banale, ma molto efficace. Sorpresa, incredulità, controlli d'ogni tipo. L'esperimento funzionava sempre. Non solo, ma di sera in sera diventava sempre più complicato: 5 bicchieri, 7, 9... Avevamo semplicemente concordato un codice più articolato: portacenere, posizioni della sigaretta nella mano, o angoli della bocca, ecc. Una sera fummo invitati, dopo la cena, a casa di amici parigini per una prova "definitiva". Il collega venne isolato in una stanza, e fu deciso di fargli fare una cosa molto più complessa. Quale? Entrando nel salone doveva "captare" i nostri pensieri e svitare una certa lampadina. Poi depositaria in un vaso cinese. E io, come faccio a trasmettergli tutto questo? Ebbi un'idea. Andai in bagno e scrissi rapidamente su un foglietto quello che doveva fare, ne feci una pallina e, tornando in salotto finsi di affacciarmi nella stanza in cui era isolato dicendogli ad alta voce: "Un momento non siamo ancora pronti", e lanciandogli ia pallina di carta con le istruzioni. Poco dopo venne fatto entrare e naturalmente eseguì (con esitazioni plateali) quello che ci si aspettava da iui. Fu un trionfo. Era la prova che non poteva non convincere anche i più scettici... Si parlò tutta la sera di queste incredibili percezioni, ormai date per assodate. Noi ci divertivamo un sacco e da diverse sere pregustavamo il momento in cui avremmo svelato lo scherzo. Ma (ed è qui la cosa molto istruttiva) ci rendemmo conto, a quel punto, che non avremmo più potuto dire la verità: lo scherzo si era spinto troppo in là, alcune persone si erano esposte con affermazioni impegnative. Insomma ci saremmo sentiti molto a disagio a spiegare che da una settimana li prendevamo per i fondelli... La cosa finì così.

E probabilmente c'è ancora qualcuno oggi che racconta quell'episodio, riferendolo in perfetta buona fede. Del resto "c'erano molti testimoni. C'era anche Piero Angela"...

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